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lunedì 29 agosto 2022

Il canto dell'usignolo [di Antonio del Amo 1957]



Francesco Papalia “Cicciu i Mastru Micheli” (1818 - 1901)


Figlio di Michele Papalia e Anna Trimboli, il padre appellato mastro senza che gli atti dello stato civile indichino in quale arte eccellesse, piuttosto ora vaccaro ora pecoraro, facile immaginare anch’egli artista nella rima. Sempre il padre, nella tassa fra gli usuari del 1831 denuncia il possesso di due bovi, la madre a filare il telaio alla luce della finestra, fino a sera al lume della lucerna a olio, fino ad accecarsi; Ciccio era figlio insieme ad altri otto, la storia ce lo consegna come il poeta del popolo, il signore del volgo.

Nel 1849 il nostro sposò Catanzariti Pasqualina che dopo avergli dato cinque figli lo lasciò vedovo per vent’anni, e da qui la sua maggiore produzione in vernacolo, le opere tutte tramandare oralmente. Rimane celebre il dialogo con l’arciprete Filippo Oliva con cui anticipò di un secolo A livella del principe Totò De Curtis: “quandu veni la morti e ti stendicchjia, cu ndavi e cu no ndavi mangia cazzi”.

Era spesso ospite ai pranzi delle famiglie nobili che ne chiedevano intrattenimento. Tra gli aneddoti quello della morte del signorotto: un giorno in montagna due pastori di Oppido chiesero al poeta informazioni sulla salute di Don Ciccio Oliva, e Ciccio rispose: ”il Don è morto”, e allora il Don recepita l’antifona chiamò a palazzo Ciccio che giunse a dorso di mulo, e dagli inservienti ne fece caricare il basto di viveri e vino.

Morì una mattina d’inverno del 1901 nella sua casa in Via Vignale, su un materasso rabberciato con foglie di pannocchie. I poeti del circondario ne vegliarono la salma e i ritardatari si portarono al cimitero. La sua tomba venne sradicata dall’alluvione del 1951, usurpate le sue ossa dal fiume Ciancio e poi al mare Jonio, la dispersione del corpo invece di consegnarlo all’oblio ebbe l’opposto effetto, ne accrebbe il mito, l’analfabeta che sfidava con le parole il potere dei baroni, con Ciccio Papalia e per mezzo della sua opera i platiesi capirono di avere una coscienza sociale.

Testo e foto: 

MICHELE PAPALIA


Cicciu i mastru Micheli è apparso precedentemente qui:

https://iloveplati.blogspot.com/2020/02/poesia-senza-fine-di-alejandro.html  


In apertura: Domenico Papalia (1855 - 1942) unico figlio maschio del poeta.


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