Powered By Blogger

mercoledì 20 ottobre 2021

Fango bollente [di Vittorio Salerno -1975] - Una rievocazione del prof. Pipicella


Ai primi del mese di ottobre c'erano state delle piogge e la fiumara in piena aveva travolto un bovino. la notizia appena diffusa, aveva colpito la popolazione, in quanto la perdita di un bovino era considerata una grossa perdita!!
Dopo una breve pausa, riprese a piovere ininterrottamente sino alla notte del 17, quando verso le due, un boato assordante fece tremare la terra e il cielo svuotò improvvisamente tutte le nuvole che l'avevano coperto per una settimana.
Le povere case, che non avevano un solo angolo asciutto, furono completamente allagate. I cittadini tutti svegli e preoccupati non riuscivano a comunicare tra di loro, perché le strade erano trasformate in ruscelli impetuosi e i tizzoni accesi con i quali solitamente squarciavano le fitte tenebre non erano utilizzabili.
Abbandonati i letti inzuppati c'eravamo portati vicino al focolare fino a quando il tuono non spense completamente la brace.
A casa mia, i quattro figli eravamo avvolti in una coperta. Mia madre pregava e piangeva, mio padre si affacciava sull'uscio e rientrava gocciolante.
Le ore che precedettero l’alba durarono un’eternità e la luce del giorno ha aperto ai nostri occhi uno scenario spettrale: a valle un’immensa distesa di acqua e fango con piante e cose semoventi; a monte frane dovunque e dai fianchi squarciati delle montagne possenti gettiti d'acqua.
La pastorizia e l’agricoltura, uniche fonti dell’economia natilese, erano state spazzate via: il patrimonio ovino e bovino era stato completamente travolto e depositato lungo la fiumara dalla montagna al mare; i campi sconvolti e ridotti pietra su pietra!
Ma di tutto questo la popolazione non ebbe percezione, in quanto subito si cercarono gli assenti e si capì che cerano stati dei morti.
In un primo momento i dispersi erano molti, ma il giorno dopo il tragico elenco fu definitivo.
I morti furono dieci: due persone anziane e otto giovani. 


Di seguito i nomi in ordine alfabetico e il loro tragico destino:

Domenico e Pietro Callipari, fratelli, si trovavano assieme al padre ed altri familiari nell’ovile posto nel bacino della sorgente della fiumara Acone. La sera del 17 ottobre, poiché nel loro ricovero era filtrata dell'acqua, avendo saputo che il capanno di un ovile vicino era asciutto e più sicuro, sono stati mandati dal padre a rifugiarsi e a tenere compagnia ai due giovani che custodivano quel gregge. Questa decisione sarà motivo di rammarico e di rimorso per il povero genitore che andava ripetendo: per mettere in salvo i figli maschi, li ho mandati a morire, mentre io e le femmine cl siamo salvati!

Bruno Cavalieri, aveva 65 anni ma per gli stenti e la fatica dimostrava molti di più. Si trovava in contrada Maddamma perché il granturco era maturo e bisognava vigilare.
Il persistere delle piogge aveva reso impraticabile il suo pagliaio, per cui il i7 aveva cercato rifugio in una struttura più solida. Si era portato infatti presso un mulino, esattamente in quello centrale rispetto ai tre esistenti. Qui ha incontrato altre persone che avevano tentato inutilmente di attraversare la fiumara per rientrare in paese quando si accorsero che la portata diventava sempre più minacciosa, tutti insieme abbandonarono il mulino per recarsi verso la montagna con la speranza di trovare qualche soluzione.
Sarà trovato raggomitolato ai piedi di un albero in contrada Lacco di torno. Si è detto che sarebbe caduto dall'albero sul quale aveva cercato scampo, come avevano fatto altri, o che sarebbe stato colpito da un macigno staccatosi dalla frana.
Riportarlo a casa su una scala di legno improvvisata è stata un'impresa difficile e straziante.

Domenico Marvelli, quasi novantenne, viveva assieme ai familiari in una casa di campagna in contrada Acone. Quando è stato invitato a cercare verso l'alto un rifugio più sicuro, ha incoraggiato gli altri a farlo, ma lui volle rimanere a casa sua. Aveva una grande fede e trascorreva parecchie ore a pregare.
Il suo corpo è stato trovato, distante da dove si trovava l'abitazione, ma ben composto e senza nemmeno un graffio.

Antonio Mirto, di anni 27, una settimana dopo sarebbe dovuto partire per l'Australia. Si trovava nell'ovile della Costa Dabate, dov'erano andati a rifugiarsi i fratelli Callipari.
Unico figlio maschio, era lui che badava alla famiglia costituita dall'anziana madre e dalle sorelle.
Del suo corpo e di quello degli altri tre, nonostante le lunghe e amorevoli ricerche, non si è vista traccia. 

Francesco Pangallo, di anni 18, la sera del 17 era partito assieme al padre dall'ovile per rientrare a casa. Ad un certo punto poiché il padre, attraversando un ruscello in piena stava per essere travolto, ha consigliato Francesco di non rischiare e di ritornare a tenere compagnia ad Antonio Mirto. Rifacendo la strada è passato dall'ovile dei Callipari ed è stato lui a riferire che nel suo ovile tutto era tranquillo e la “casetta” era asciutta e riscaldata. Fu la quarta vittima inghiottita da quella frana.

Antonio Pipicella, di anni 20, assieme al fratello Domenico ed al padre si trovavano nell'ovile di contrada Lacco di torno.
Aveva fatto la visita di leva ed era in attesa di partire per il servizio militare. Di lui è stato reperito un arto superiore ed uno inferiore, a diversi chilometri di distanza cercando e scavando tra le carcasse dei suoi animali.

Domenico Pipicella, di anni 16, è stato trovato in un posto impensato dopo un certo periodo di tempo.
Infatti lo zio ha sognato il ragazzo (ma la moglie ha sempre sostenuto che non dormiva) che lo rimproverava di averlo lasciato morire mentre l'avrebbe potuto salvare.
Egli, infatti, era stato mandato dal padre ad avvertire i due pastori dell'ovile vicino che dovevano allontanarsi perché a rimanervi si correvano grossi rischi. Ma i due pastori erano già andati via, egli non era potuto ritornare dai suoi ed era rimasto bloccato dal crollo della struttura dell'ovile. La persona che aveva avuto questo sogno o visione, anziché continuare a cercare lungo la fiumara, decise di tentarne il riscontro. Scavando tra le macerie di quell'ovile, in una intercapedine, apparve il corpo senza vita di Domenico.
Molti dei presenti ricordarono che il giorno del primo sopralluogo avevano sentito dei lamenti, ma avendo saputo che i pastori che si trovavano in quell'ovile erano sani e salvi, hanno pensato si trattasse di qualche bovino.

Paolo Pipicella, di anni 13, era affetto da una leggera balbuzie, ma era loquacissimo ed aveva una memoria eccezionale; ripeteva quasi integralmente i panegirici e le prediche della settimana santa, salendo sugli alberi o dal balcone dell'arciprete Filippo Ietto, che lo ascoltava entusiasta.
Queste sue qualità lo rendevano particolarmente simpatico zio Sebastiano, il quale aveva pensato di fargli prendere il posto del figlio Antonio che sarebbe andato a fare il servizio militare.
Alla sua prima settimana di lavoro, la frana e la fiumara non hanno consentito ai genitori di reperire qualcosa che gli appartenesse. Nonostante le ricerche si fossero protratte per anni.

Sebastiano Pipicella, di anni 46, era una delle persone che godeva di grande prestigio in seno alla comunità natilese.
Perso il padre in tenera età, aveva assunto la guida della famiglia ed era riuscito a costruire, assieme al fratello, un discreto patrimonio di capi di bestiame, circa 300.
Era sempre pronto ad intervenire quando qualcuno subiva un torto, e i casi più frequenti erano gli abigeati.
Il carattere gioviale e il senso dell’umorismo non sminuivano ma accentuavano il carisma di uomo saggio che aveva il culto dell'amicizia, della famiglia e della parola data.
Le sue qualità le dimostrò anche come amministratore comunale: infatti era consigliere in carica.
Di lui rimase proverbiale l'espressione:
na cosa sula non pozzu supportari: a farsitutini" .

Testo del Prof. Pino Pipicella

Foto S. Carannante



Nessun commento:

Posta un commento