È tempo di demitizzare un’era e un luogo onde costruire un nuovo mito. James Ellroy
Signore oppure brigante?
Caci e il suo Aspromonte
Rachele Gerace
Non
c'è ricchezza più grande dell’appartenenza e non c'è storia di platiese che
possa essere descritta da altro sangue». Raccontare la storia di una terra - al
di là dei luoghi comuni e di quei “pregiudizi” che rischiano di distogliere l’attenzione
da una realtà fatta di tradizioni e suggestioni, fra colori, sapori e suoni –
non è cosa semplice; ci vogliono passione e tanto coraggio. “Sull'onore nostro.
Saluti da Platì Aspromonte" (Città del Sole Edizioni) è la seconda prova
narrativa di Michele Papalia, avvocato 35enne di Platì con la passione
smisurata per la lettura e la scrittura.
Quattro
anni dopo la pubblicazione di “Caci il Brigante”, l'autore torna a 'raccontare
del suo paese, Platì, nel cuore dell'Aspromonte, attraverso le vicende di
Ferdinando Mittica detto “Caci” ricostruite grazie a una capillare ricognizione
di documenti, saggi e poche testimonianze degli anziani del posto.
Protagonista
di storie inverosimili, pronto a essere tutto e il contrario di tutto - signore
o brigante, filoborbone o liberale, galantuomo o malandrino - Caci simboleggia
la Calabria de- gli anni 20, del secolo scorso, un “topos” storiografico,
sociale e letterario che l'autore tenta di trasfigurare. E sembra esserci riuscito
attraverso un'attenta e rispettosa analisi, grazie alla quale riscopre luoghi e
leggende, muovendosi abilmente tra i palazzi e le vie del paese, i passi e le
rocche fra i boschi dello Zillastro.
Amante
appassionato della letteratura, Papalia non fa mistero della sua devozione ad
autori come William Faulkner e Roberto Bolaño, a cui cerca di ispirarsi per uno
stile narrativo (soprattutto nei dialoghi) asciutto e senza orpelli. Come
afferma l'amico e cultore Luigi Mittiga, “Sull'onore nostro” è «anche il diario
del processo di emancipazione di un popolo che lascia il passato per affrontare
l’integrazione nell'età contemporanea». Il sottotitolo, “Saluti da Platì
Aspromonte”, incastonato in una cartolina, è il riscatto “in termini" di
un paese simbolo della frugalità dell'epoca, con le classi sociali racchiuse
nell'immagine dei signori “dal ventre grasso”, dai loro vizi privati e dalle
virtù pubbliche, alla quale si antepone un popolo che
sopravvive tra gli stenti. Eppure quell' “onore”, declinato in tutte le forme,
onnipresente, faceva apparire ogni cosa straordinariamente normale.
GAZZETTA
DEL SUD, 1 dicembre 2020
SULL'ONORE NOSTRO from gino on Vimeo.
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