Never Ending Story [di Wolfgang Petersen - 1984]
La
storia di Platì è ancora tutta da scrivere.
Etimologicamente
il nome Platì, sarebbe da far risalire al termine prata (prati). Altri, invece, lo ritengono riconducibile alla voce
greca-bizantina platus (ampio). Il
riferimento, in questo secondo caso, va alle
frequentazioni dei monaci basiliani che tanta importanza ebbero in questa parte dell’Aspromonte. Altri ancora ritengono che il toponimo andasse collegato al
termine pratos, ossia “venduto”
(alludendo ai passaggi feudali), e alle successive alterazioni in protì e, poi, pratì.
La
nascita dell’abitato di Platì si crede collocabile nel XVI secolo, in
concomitanza dello spostamento di uomini dai centri più arroccati, con scarsa
possibilità di espansione, verso valle. Concausa di questo esodo pare fosse la
pratica, invisa al popolo, del fiscalismo senza scrupoli che danneggiava
proprio i ceti più deboli spingendoli lontano dall’influenza dei
feudatari.
Si ha
notizia di alcune foreste date, nel 1496, dal re Federico d’Arag0na a Tommaso
Marullo, barone di Bianco e conte di Condojanni. Quelle terre furono rivendute,
nel 1507, allo stesso conte Marullo da Ferdinando il Cattolico.
Tra
quei possedimenti ricadevano, però, alcune terre “nominatum de Plati at de Sancta Barbara” che erano state vendute
precedentemente (nel 1505) a Carlo Spinelli sempre dal re. Iniziò a questo punto
una complicata controversia sulle spettanze territoriali che durò per anni. A
derimere la lite tra gli Spinelli e i Marullo ci pensò un intervento regio che
assegnò la proprietà di Platì agli Spinelli i quali decisero di farne un centro
agricolo. Il feudo rimase nelle loro disponibilità fino all’eversione della
feudalità (1806).
Il terremoto
del 1783 colpi duramente Platì, cosi come molti altri paesi della Calabria,
provocando 25 vittime e danni ingenti.
Con l’ordinamento amministrativo del generale
Championet, nel 1799 Platì divenne autonoma rientrando nel cantone di Roccella.
I Francesi, nel 1807, ne fecero un’università compresa nel governo di Ardore.
Elevata
a comune, le vennero in seguito assegnate le frazioni di Cirella e Natile
(quest’ultima oggi è frazione di Careri). Nella prima metà dell’Ottocento venne
chiamata Mottaplati e soltanto alla fine di quel
secolo riconquistò l’antico nome.
Terminata
l’occupazione francese, gli Spinelli decisero di vendere i loro cospicui
possedimenti. I nuovi proprietari terrieri arrivarono da Napoli. Questi
edificarono grandi palazzi lungo la via San Nicola sottoponendo, però, il
popolo a ogni sorta di angheria.
Dopo
l’Unità d’Italia, Platì fu al centro di un duro scontro, generato dall’insoddisfazione
del popolo continuamente vessato dai ricchi proprietari. La sollevazione fu capeggiata
da Ferdinando Mittiga, un ex sergente borbonico che si fece aiutare nell’impresa
dal generale spagnolo don Jose Borjes. Circondata Platì, la battaglia durò per
ore. Alla fine, pere, ebbero la meglio i bersaglieri e gli uomini delle Guardie
Nazionali Civiche intervenuti. La repressione fu dura e provocò molti morti.
Mittiga, rifugiatosi sui monti, fu tradito e ucciso in un mulino nei pressi di
Natile Vecchio.
Nel
1908 un altro devastante sisma colpi Platì, distruggendo gran parte del paese.
Fu l’inizio dell’emigrazione verso l’America che registrerà la sua punta
massima negli anni Cinquanta.
Nel
1951 una paurosa alluvione (ce ne saranno altre nel ’53 e nel ’58) provocò
pericolosi movimenti franosi che
portarono gravi conseguenze alla viabilità.
La
chiesa parrocchiale fu edifica verso ii 1550, ed era governata da economi,
mantenuti dall’università. Fu elevata a parrocchia nei 1704, e primo parroco fu
il Sac. Francesco Perre; il Sac. Stefano Oliva, fu nominato primo Arciprete dal
Vescovo Scappa l’8 marzo 1774 in tempo di S. Visita.
La
chiesa era situata nel primo rione abitato.
Nel 1783 fu totalmente distrutta dal terremoto
e dopo alcun tempo fu riedificata sul posto stesso dove oggi è piantata, perché
più centrale e più stabile per la natura del terreno.
La
chiesa parrocchiale, rimasta vacante ii 5 dicembre 1817 per morte dell’investito,
finalmente, eliminate le cause che avevano determinate il provvedimento, fu provveduta
nella persona del Sac. Francesco Oliva.
Per lo
stato indecente in cui, era stata
lasciata la chiesa, fu restaurata dopo il terremoto del 1894 a spese e
cooperazione del Cav. Uff. Francesco Oliva fu Arcangelo. Trenta anni dopo la
cappella della titolare fu restaurata dalla generosità del Cav. Michele Oliva, e nel 1926, dalla pia signora
Maria Lentini vedova Filippo Oliva, fu decorata la navata di S. Francesco.
In
Platì, oltre alla chiesa parrocchiale, vi è quella di S. Pasquale, che è stata
eretta dai fedeli nel 1720. Vi era inoltre la cappellania dell’Immacolata, i
cui beni, anch’essi furono aggregati alla parrocchia.
Nella
chiesa di S. Pasquale l’1 giugno 1888, fu eretta la confraternita del Santo
Rosario, il cui statuto fu approvato dal Vescovo Mangeruva nello stesso anno,
e, per volontà del popolo la chiesa pigliò il titolo di Maria SS. del Rosario.
Tale chiesa fu riparata nel 1924 e nel 1926, con l’obolo dei fedeli per
iniziativa della Confraternita.
Il
terremoto del 1908 quasi distrusse la chiesa parrocchiale.
La
costruzione del1’attuale chiesa venne iniziata nel 1944, con molto entusiasmo dell’Arciprete
Mons. Giuseppe Minniti e con la collaborazione attivissima di tutta la
popolazione.
La costruzione
andò avanti in tal modo, fino verso il 1952, quando fu emanata la Legge n. 2522
del 19-12-1952, che diede modo di avere contributo dello Stato.
Emanuele
Maggioni e Lino Tagliani, Padri Missionari della Consolata
Testo
e foto, Dedicazione
della Chiesa “Santa Maria di Loreto” in Platì, 2006
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