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domenica 5 luglio 2020

Il postino suona sempre due volte [di Tay Garnett, 1946]





BOZZETTO CALABRESE
Il portalettere rurale
E’ una simpatica figura: anche se non indossa – come i colleghi di città – una divisa è riconosciuto da tutti



S. Cristina d'A. 28 giugno
L'arrivo della posta costituisce, per un piccolo centro, qualcosa di veramente importante nel grigiore della quotidiana monotonia
Una piccola folla di disoccupati, di pensionati, e di altre persone cha rimangono in paese vinne a trovarsi puntualmente, all’ora solita, dinanzi all’ufficio postale, in attesa che il portalettere esca per iniziare il suo giro di distribuzione.
E’ il portalettere, a un certo momento, appare sulla soglia dell’ufficio; da un’occhiata al di di sopra degli occhiali che sono scivolati molto giù sul suo naso aquilino e poi, dopo aver notato i presenti, comincia a rovistare, non senza una certa aria d’importanza, tra lettere e cartoline.
Il portalettere rurale non indossa, come i colleghi di città la divisa della categoria; al massimo, come segno distintivo, porta un berretto, ma il forestiero non saprebbe dire, col solo aiuto di quel distintivo, di trovarsi difronte a un portalettere e non piuttosto davanti a una guardia campestre o altro impiegato delle pubbliche amministrazioni.
I paesani, tuttavia, riconoscono la voce di quell’uomo tra mille; quand’egli passa per una via, trova le porte delle case già aperte e qualcuno che attende sulla soglia per averlo sentito da lontano, magari quand’egli ha scambiato, dall’altra parte della strada, un semplice saluto.
Quella del portalettere è indubbiamente una figura simpatica.
La borgata che dista molto dai grandi centri, si tiene in comunicazione col resto del mondo attraverso il servizio postale; è naturale, quindi, che una certa simpatia si riversi du quell’uomo che quotidianamente distribuisce la piccola manna delle notizie tanto attese, anche se tra le altre arrivano pure quelle che per uno od altro verso sono punto gravi (…)
Egli, senza levar gli occhi dalla cartella, dove rovista senza fine le missive che ha già, ordinatamente disposto secondo i rioni, risponde a tutti con garbo ed ha per tutti una parola buona.
Egli è a conoscenza, talvolta, che quella tale famiglia non riceve ormai da tanto tempo notizie del figlio lontano; che la tale sposa non riceve da molto la lettera con la busta variopinta della corrispondenza d'oltremare: e in tal caso, quando ancora una volta deve dare risposta negativa alla rituale domanda, egli assume un'aria sinceramente desolata, quasi sentendosi in colpa di non poter portare la gioia dove ora è la preoccupazione. E quando la sospirata lettera arriva, egli la mostra da lontano, rivolgendo all’accorrente mamma o sposa qualche frase da cui traspare la sua contentezza.
Né a questa figura può negarsi l’aureola dell’eroismo spicciolo. Durante l’inverno, infatti, certe gelide mattine che ci si sente rabbrividire solo a guardare fuori dai vetri delle imposte, egli passa per le vie come tutti gli altri giorni, reggendo la cartella con mani tremanti, imbacuccato alla meglio nell’annoso pastrano. E lo stesso può ripetersi per l’estate, quando la canicola brucia la terra.
E' questa la figura del portalettere rurale: assai diversa. Come ben si vede, da quella dei colleghi di citta; ma la differenza si spiega ove si pensi che in paese ci si conosce meglio, come in una grande affettuosa famiglia.
Forse fra non molto non si potrà più scrivere così del portalettere; da quando, infatti, gli è toccato i dover distribuire, oltre alle innocenti lettere anche la meno innocente letteratura in carta collata, come atti giudiziari e cambiali, tratte, il bravo portalettere è diventato leggermente ... impopolare.  
FRANCESCO ANDOLFINI
GAZZETTA DEL SUD 29 giugno 1957

Nel paese di Platì accanto ai Fera avvocati, Zappia medici, Gliozzi preti, Mittiga calzolai, Violi ferrarioli, mulattieri o vaticali, Romeo falegnami ... c'erano i Iermanò postini. Prima di loro in qualche ricordo c'è stato Iginio Pirelli (nonno di Flora), ma veniva da fuori. Savu Iermanò u postinu generò Rosi (Rosario) e Brunuzzeiu. Essi sono gli storici postini; a seguire c'è stato Antonio Calabria (nella foto) che sebbene iniziò la carriera in paese esercitò altrove il suo incarico. Per il resto ci si è dovuti accontentare di portalettere che se non erano di Careri sono di Natile.
Nei miei infantili ricordi c'è Rosi: al suo apparire mi terrorizzava per l' aspetto rossiccio, il tremore delle mani e forse anche l'alito vinoso. 

2 commenti:

  1. Cumpari Savu veniva spesso invitato a mangiare qualcosa quando si fermava a consegnare una lettera. Gli servivano una fetta di pane con l'olio e capitava che rimanesse dell'olio nel piatto, allora lui chiedeva del pane per raccoglierlo, allora rimaneva parte della fetta e ci voleva dell'olio per inumidirla e così via fino a che era capace di far fuori un pane ed un quarto d'olio!
    Francesco Perri, Adelaide

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  2. Ciao Francesco mio padre era il postino anche mio nonno faceva il postino andava con il calesse fino a Bovalino era con un braccio l ha perso nella guekkkhrak mio fratello Domenico era impiegato a Roma come usciere a me o fatto domanda ma non ce stato verso ciao Francesco. NOTA INVIATA A FRANCESCO DI RAIMONDO DA ANTONIO IERMANO'.

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