(In
terra calabra) - Costumi popolari
La
vampa sul focolare scoppiettava con allegra fiammata e i due contadini si
riscaldavano le callose mani, fumando la corta pipa di creta. Si - diceva il
vecchio Cola scrollando la testa - proprio sul ponte, mentre la portavano al
camposanto, due colombelle bianche bianche come la neve andavano a poggiarsi
sulla bara. Oh la mia Angiola del paradiso! A queste parole la vecchia Anna,
che accoccolata diceva le sue preghiere, si scosse, guardò il marito
asciugandosi col grembiule le lacrime: Hai fatto dire a D. Saverio la messa che
gli aveva pagato col denaro della filatura? - Si, rispose Cola, quella l’ha
detta, dimani dirà un’altra che gli pagherò con una giornata di lavoro
nell’orto.
Qui
tacquero: si udiva soltanto lo schioppettar della fiamma e il biascichio delle
avemarie della donna; di sotto veniva il ruminar dei buoi attaccati alla
mangiatoia della stalla.
- Senti Cola - interruppe Mico - e di
Pascaluzzo che notizie mi dai?
-
Di Pascaluzzo? Di quel brigante della Sila? Di quello ... as. ....
-
Si, ma non era egli lo zito di Angiola? ...
-
Che?! Per la Mado. ...!? era egli lupo da rubarmi quell’agnella di Angiola?!
Quel figlio di malafemmina!
- Ma
perché l’hai lasciato quella sera cantare sotto le finestre di Angiola
“
Affacciati a la finestra mu ti viju
Ccu
ssocchi belli mi perci lu cori “?
- Senti
Mico, io questa sera non avrei tanta voglia di parlare ... ma giacché tu m’hai
fatto aprir la bocca, ecco come vanno le cose:
- Pascaluzzo
era figlio ... di chi era figlio ... suo padre era morto in carcere ... suo
nonno ucciso con una palla in fronte ... suo fratello fuggito in America per
aver ucciso d’un colpo di scure l’innamorata; egli manesco ...senza arte nè
parte ... voleva involarmi la mia agnella. Ché io non lo sapeva che sarebbe
finito in galera? Eppure quando lo vidi innamorato serio non seppi oppormi. Suo
zio gli avrebbe fatto donazione della casa e dell’orto ... io davo duecento
ducati a Angiola, e già le cose erano fatte. Avevamo stipulato il contratto di
nozze, si era fissato di andare in chiesa dopo la trebbiatura .... insomma
tutto era pronto. Ma fa l’anno, il giorno di S. Rocco, Pascaluzzo ha voluto
incantare la bara; tu sai che chi più l’incanta avrà l’onore di portare lo
stendardo della confraternita. Peppino il figlio del fattore la mise cinque
tomoli, Pascaluzzo dieci, quello l’innalza a quindici, questo non potendo di
più giurò di vendicarsi dell’offesa, getta gli abiti di confratello, e fugge di
chiesa. Ho detto che Pascaluzzo era manesco, era pure geloso; Peppino anche
aveva gettato l’occhio su Angiola, tu mi capisci! ... Certo avrei preferito
Peppino ... Era una sera come questa nel mese di Marzo io e Anna eravamo a
letto (tutto questo me lo raccontò Angiola in fine di vita) Angiola filava al
lume della lumiera nella sua stanza, quando ad un tratto sente un legiero
picchio alla finestra. Va tutta tremante a vedere chi fosse e indovina chi
vede? Vede Pascaluzzo che volgendo uno sguardo d’intorno spicca d’un salto
nella stanza.
- Che
pensi che cercava quel tizzone d’inferno?
- Cercava
persuaderlo a volerlo seguire sulla montagna perché nella notte aveva ucciso a
colpi di bastone Peppino il figlio del fattore!
- Assassino,
assassino, gridò mia figlia, esci di qua o grido da svegliare tata e mamma!
- Gridi
che (per la M...) ti taglio la gola!
- E’ questa l’accoglienza che mi fai dopo tante
promesse? - Assassino, assassino, replicava Angiola, spingendolo per la
finestra.
Svegliato
da quel grido mi alzo ed accorro, scassino la porta di Angiola e la trovo
svenuta a terra, mi affaccio alla finestra e trovo una scala di corda ... nella
via s’udiva n passo concitato ... Nulla più seppi quella sera
La
mattina trovarono Peppino in un letto di sangue e l’uccisore si seppe essere
stato Pascaluzzo. Egli è latitante, chi dice che sia fuggito in America, chi lo
vuole morto perché due erano le colonne che si poggiarono sulla bara di
Angiola: Pascaluzzo e Peppino.
ERNESTO GLIOZZI il vecchio
Chi ha confidenza con le opere di Vincenzo Padula o di Nicola Misasi è facile che trovi le dovute influenze e omaggi,
sublime...nello scrivere in se ma soprattutto nel tracciare uno spaccato di vita, una mentalità, un modo di pensare tipico (per certi versi ahimè) di questa terra. Grazie Gino e grazie a Ernesto Gliozzi il vecchio
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