BRUNO GELONESI
L’ America è l’avvenire
Quell’inverno del 1909 fu molto rigido. Nella baracca faceva freddo e
il maestro fumando una sigaretta dopo l’altra, stava leggendo le pagine più
commoventi de “L’uomo che ride” a cinquanta alunni di quinta elementare, quasi
tutti scalzi e con i geloni ai piedi. L’ambiente esterno sembrava quello
descritto da Victor Hugo.
La voce del maestro,
all’improvviso, venne interrotta da una frettolosa bussata alla porta. Era Il
padre di Francesco, il primo della classe, non solo nello studio.
Buon giorno, signor maestro.
Perdonatemi se vi disturbo. Ho ricevuto, proprio in questo momento, la lettera
che aspettavo da mesi. Mio fratello, l’americano, ha inviato l’atto di richiamo
per Francesco.
Entro un mese, Dio piacente, potrà partire per Boston. Oggi per la mia
famiglia è un gran giorno. Si apre una
strada non solo per Francesco, ma per tutti i suoi fratelli. Ho dieci bocche da
sfamare e le mie braccia non possono durare a lungo e qui, per noi braccianti, tra
terremoto e angherie degli “gnuri” la nostra vita si fa sempre più difficile.
L’America, l’America è l’avvenire per la mia famiglia e Francesco, oltre ad
aiutarmi a sfamare i fratelli, sarà il loro avvenire, perché mio fratello mi ha
sempre scritto che l’America è un paese dove c’è pane bianco per tutti. Questa
notizia siete il primo ad averla. Dopo voi vado dal suo “mastro” don Peppino,
il sarto. Vi chiedo ancora scusa se mi sono permesso di disturbarvi e vi
ringrazio per quanto avete fatto in questi cinque anni per mio figlio.
La bussata, l’entrata e le
parole del padre di Francesco piombarono nell’aula come una fiondata turbando
il maestro e trasecolando i fanciulli.
Dopo qualche istante, il
maestro, con la sua flemmatica voce, intervenne:
Non so, caro Domenico, se
debbo essere contento di quanto dici. So che Francesco è nato per studiare e se
studia ha davanti a sé un grande avvenire. L’America non è poi come si crede.
Di certo il pane bianco non si trova per strada, bisogna sudare per procurarselo.
Non ti illudere! Per te, poi, posso dirti che quanto prima il governo dovrà
pure ricostruire il paese. Ormai sono passati due anni dal terremoto! Ci sarà
tanto lavoro che dovranno rientrare tutti gli emigrati. Pensa a quello che fai!
Non farti abbindolare.
E’ perché non mi illudo che
mando Francesco in America! – rispose con convincente forza, il padre di
Francesco. – Non credo alle chiacchiere dei governanti; sono troppo lontani da
noi e non conoscono i fatti nostri. Al massimo daranno i contributi ai signori
per rimodernare i loro palazzi, i soli rimasti intatti. Che importa a loro
delle nostre case di fango e pietra. Tanto noi non possiamo votare. Tra non
molto verranno a smontare anche le baracche. Non offendetevi signor maestro,
ormai la fortuna non me la faccio sfuggire.
Nota di Francesco di Raimondo: Abitava in via Umberto primo ... Aveva una
cultura immensa. è morto a 91 anni e recitava a memoria i classici greci e
latini .. cantava,a memoria le opere liriche. Era maestro e contemporaneamente
fiduciario, nella scuola elementare per 40 anni. ..Cioè i vari direttori
abitavano a Reggio e lui faceva il vice.
Il testo e la foto si trovano nell'ingresso della scuola media di Platì, dove sono stati rilevati.
Sono stato fortunato non solo di conoscerlo come paesano ma anche averlo come mio professore della quinta elementare durante l'anno scolastico 60-61.
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