Questi piatti della tradizione familiare, non so perché mi riescono con sapori diversi da quelli cucinati dalla zia Amalia o dalla mamma. L'olio l'ho fatto io, i pomodori pure, così le melanzane e i peperoni ed il basilico, le patate sono di Pina cugina, la moglie di Luigi, il sale è trapanese. Ah,dimenticavo: ho fatto pure le cipolle e gli agli, le terrine ancora non so farle, ma, forse, seguendo Robinson Crusoe, chissà?
See the farmer on the other side of town
He's always working hard 'til the sun goes down
Osserva il contadino dalla parte opposta della città
Ha sempre lavorato duramente finchè il sole tramonta
Dovreste farmi la cortesia di cucire alcune camicie da uomo, con la solita vostra precisione ed esattezza, e per ora comincio a mandarvene una.
Vi mando pure una camicia già confezionata da servire come campione alla quale vi atterrete.Essa ha doppio petto e maniche staccate a metà. La parte superiore della camicia un centimetro più lunga.
Farete un sol paio di polsi attaccati alla mezza manica, mentre di colletti ne farete due o più, secondo le possibilità.La stoffa è m. 3.25
Vi rimetto, anche, per modello, un colletto, ma quelli che farete debbono essere più piccoli, cioè cm 36 ¼ tra occhiello e occhiello, o meglio ancora potete regolarvi dalla pi stagnina della camicia ch’è di esatta misura.
Vi mando pure la stoffa bianca per la fodera ed un poco di mussola nuova per il sotto petto qualora quest’ultimo non riesce della stoffa stessa della camicia.
In seguito vi manderò le altre camicie.
Tanti distinti saluti.
V. Teresa Perrone
Vi unisco anche sette bottoni.
La mamma aveva studiato l'arte del confezionare vestiti, ancora ho i suoi quaderni d'appunti, con passione e diligenza. Pe Saro, Maria, Gino e Gianni quasi tutti i vestiti da cerimonia furono allestiti da lei, cosi come altri capi d'abbigliamento, sebbene Maria, figlia unica, fu quella che più di tutti godette di tale maestria.
Il cinema Loreto di Platì era attaccato alla chiesa parrocchiale del paese, dedicata alla Madonna di Loreto. Se, andare a messa o al cinema, la domenica, non sbagliavo, era solo perché gli orari erano differenti: alle otto e trenta la messa per bambini e ragazzi, officiata dall’arciprete, monsignor Minniti, o dallo zio Ciccillo, però tutti volevamo lo zio Ciccillo perché era veloce come Ridolini, e come detto prima, alle quattordici l’inizio delle proiezioni, officiante esclusivo Mimmo Addabbo. Nei sogni creavo confusione, specialmente durante il catechismo preparatorio per la prima comunione: le due porte diventavano una, e l’elevazione del calice poteva essere confusa con Charlton Heston che innalzava le tavole dei dieci comandamenti.
Questo accostamento di porte è ulteriormente marcata dal fatto che per andare a messa o al cinema – a parte le campane intonate da Micuzzu u sacristanu – venivamo chiamati dai suoni che provenivano da un unico altoparlante, posto sul campanile, e se per la messa vi era qualche canzoncina cantata da un coro di piccoli cantori, per il cinema c’era In ginocchio da te cantata da Gianni Morandi:
io voglio per me le tue carezze
si io t’ amo più della mia vita
con nell’intermezzo della canzone quel breve assolo del corno accompagnato dall’orchestra che solo anni dopo con infinita gioia avrei scoperto essere di maestro Morricone.
Al cinema Loreto, essendo una sala parrocchiale, la programmazione era tutta affidata ai cataloghi della San Paolo Film di Catania e all’Anglicus di Messina. Grazie al suo factotum Mimmo Addabbo ho potuto vedere di tutto: I Dieci Comandamenti ( sei tempi), Le Fatiche di Ercole, I Battellieri del Volga, Marco Polo, Gli Spadaccini della Serenissima,, Catene, I Reali di Francia, La Notte del Grande Assalto.
Un pomeriggio, studiando inglese con un compagno di scuola, stavamo ripetendo dei vocaboli nella loro traduzione inglese,in più ricordavamo i film visti al cinema, io ero talmente preso da quest’ultima discussione che quando l’altro disse “tempesta” io invece di rispondere “storm”, dissi “l’ho visto”!
Gent.mo Signor compare.Anzitutto ci vogliamo augurare che la presente troverà Voi e famiglia ottimi – noi anche bene.
Vi chiedo scusa anticipatamente del fastidio che vi potrà recare il favore che sto per chiedervi, ma trattandosi di cosa delicata, nessuno meglio di Voi può rispondere a quanto mi occorre sapere. Compare R. P. mi ha detto che l’avvocato C. S.di Giuseppe e di L. M. vuole sposarsi e il compare ha proposto M. N. mia cugina, figlia del segretario N.
Quanto ci ha detto compare R. rigardo il giovane avvocato ci ha soddisfatte e abbiamo piena fiducia in lui, ma le informazioni che tanto gentilmente ci darete Voi completeranno la nostra fiducia. Vi preghiamo quindi comunicarci quanto lo riguarda moralmente, fisicamente e finanziariamente.
Vi ringraziamo molto e invio rispettosisaluti anche per parte di questi miei estensibili alla vostra famiglia.
D.nna comare Gilda Nicita Ambrosi
Come sta comare Serafina? Aff.si saluti
Reggio Cal, 22/2/949
Egr. signor compare, rispondo alla vostra soddisfacente lettera e vi ringrazio molto del Vostro sollecito interessamento riguardo a quanto volevo sapere. Se valgo in qualche cosa non mi risparmiate.
Tutti noi siamo dispiaciuti di quanto è accaduto a vostro figlio, meno male ch’è andata così e che ben presto giustizia sarà fatta. Come sta comare Serafina? Ce la salutare assai assai. Io e questi miei ricambio cordiali saluti a Voi e la vostra gentile famiglia. D.nna comare Ermenegilda
Il Sottoscritto Taliano Domenico fù Saverio e fù Catanzariti Francesca di anni 65 che trovasi così abbandonato senza aver nessun mezzo di sostentamento da molto che soffre con malattia di stomaco e non avendo nessun mezzo mi rivolgo alla S. V. Ill.ma per qualche sostentamento vivere.
Inticipato ringrazio il nob.mo cuore della S. V. e con profonda osservanza mi sottoscrivo
He’s chpped down shppe, planted trees
And helped the countryside to breathe
Ha abbattuto le pecore, piantato alberi
Ed ha aiutato la campagna a respirare
Per molto tempo il cinema è stato la mia vita, e la vita era il tempo dell’attesa della domenica per andare al cinema Loreto, lo spettacolo destinato ai ragazzi aveva inizio alle quattordici, ed il lunedì sera, quando l’unico canale televisivo di quei tempi trasmetteva il film; in quella sera, era l’autorità di papà che ci permetteva la visione, solo se lui riteneva che era un film adatto alla nostra età o se era, per dirla con lui, un film storico.
Erano gli anni in cui per contratto con l’ANICA, la RAI poteva acquistare e trasmettere film vecchi di dieci anni: il motivo era l’enorme quantità di sale sparse lungo la penisola e le isole, non solo di prima visione. I film rimanevano nei listini delle case distributrici per cinque anni prima di essere “sgonfiati”per il 16mmadatto per le programmazioni delle sale parrocchiali e quindi dei cineforum, cineclub.
Capitava che un film di un certo successo ritornasse nelle prime visioni dopo i dieci anni o più a causa della notorietà del film stesso, o di quella, subentrata, di un regista, o di un attore. Ne cito solo tre: La finestra sul cortile di Hitchcock, 2001 di Kubrick, Per un pugno di dollari di Leone, e non erano i soli.
Così per merito di quei lunedì televisivi ho potuto vedere molti film che altrimenti sarebbero stati solo titoli della storia del cinema sadouliana. Quello che ricordo con maggior gradimento è uno di Alessandro Blasetti con Massimo Girotti e Gino Cervi,La corona di ferro. Film di epoca fascista, però in quei tempi Blasetti andava per la maggiore e l’opera era girata e interpretata con maestria, la scena della pioggia di spade che scopre la corona mi è rimasta impressa come Massimo Girotti che rimarrà uno dei più bravi attori italiani.
a 1.28.16 del filmato potrete vedere la scena citata continua...
Domenico Spagnolo per tutti "Micuzzu u scacristianu"
La storia di Platì ruota, principalmente, attorno ad alcuni personaggi simbolo, uno di questi è Micuzzu.
Io lo ricordo come bandista e grande intonatore delle campane della chiesa "du ritu", nonché all'armonium, accompagnatore dei celebranti, con quella sua voce roca che si accordava bene allo strumento che suonava.
Molti platioti li vide per la prima volta al fonte battesimale, dopodiché furono assistiti al matrimonio. Molti, invece, furono condotti dal suo tocco delle campane sulla via del viaggio senza ritorno.
Con questo post lo voglio ringraziare per essere stato accanto allo zio Ciccillo dapprima e allo zio Ernesto dopo, nei loro uffizi sacri.
Caro Francesco, la distanza sarà sempre più incolmabile e ci nutriremo sempre di più di nostalgia e qualcuno di sensi d colpa. A questo punto vorrei dire che pure i medici condotti sono cambiati, divenuti paurosi dei comandanti che stanno in alto, ma chi comanda non si bagna, diceva la zia Amalia. Lo zio Giuseppino per me è stato zio, pediatra e medico di famiglia.
Subito dopo la morte della nonna Lisa, lo zio Ernesto si fece una bella pensata e alla fine decise che la casa doveva essere ammodernata, non più l'esattoria, non più quella suddivisione destra sinistra (della scala), non più quelle mattonelle in cemento, quella carta da parati ecc., ma soprattutto non più quella bellissima scalinata in cemento che non dimenticherò, perché mi affascinava salirla prima a quattro zampe, poi su due piedi e arrivare subito alla macchina da scrivere per battere sui tasti senza capirci niente, andare nella stanza dello zio Ciccillo dove c'erano la cartuccera e i fucili, oppure salendo a destra, la cucina e mangiare qualche leccornia della zia Amalia, o più su , nel terrazzino dove c'era un ripostiglio con cose vecchie e antiche accatastate... Marilisa, l'architetto di famiglia, arriverà più tardi, per cui fece tutto lui, progetto, disegni, la nuova scala, l'impianto elettrico e quant'altro occorreva. Mimmo Addabbo si occupò dell'elettricità e Peppe Rinaldo, come si può vedere, era il capo dei mastri.
Essere nel giusto non è possibile, ciò che è possibile è tentare di essere nel giusto. Il rispetto della verità consiste nel tentare di essere nel giusto in ciò che si crede, e anche nel fare tutto ciò che è possibile affinché anche gli altri lo siano. Bertrand Russell
Tutti siamo ciò che le circostanze hanno fatto di noi. Marcel Proust,op cit
Oggi è Santo Ernesto ed era l'onomastico degli zii, per me in particolare di zio Ernesto junior, in quanto lo zio senior non ebbi il tempo di arrivare per conoscerlo. Negli ultimi anni di vita dello zio era per me un dovere essere a Platì per festeggiarlo e festeggiargli la vita che ebbe in dono. In questi anni il posto lasciato vuoto dallo zio Pepé fu riempito da Giuseppino, il più giovane Gliozzi, nato da Luigi e Pina.
Oggi, pure, nella piccola stazione di Astapovo (Аста́пово) nella regione di Lipeck, nell'anno 1910, alle sei del mattino lasciava la terra all'età di ottantadue anni Sergio Leone Tolstoi.
Questa congiunzione per me è molto importante, come quelle che ricorderò il due febraio se sarò ancora qui.
Osservando la luna, comprendiamo ciò che diventerà la terra: un pianeta deserto, freddo e senza vita. Qualcuno dirà che questo pensiero è deprimente, toglie la gioia di vivere. Sciocchezze! Nessuno, in realtà, si affligge molto pensando a quanto avverrà tra milioni di anni. Chi dice di avere tali preoccupazioni inganna se stesso. Ci si occupa di pericoli imminenti e non molto remoti. Certamente è un poco triste pensare che tutto debba finire; però, osservando quale uso molta gente fa della propria vita, quel pensiero è quasi concolante. Bertrand Russell
I traffici economici interni ed esterni che in passato hanno fatto di Platì un paese florido, - senza scordare i periodi storici che hanno causato l'impoverimento di tutto l'occidente - perché Platì è stato un paese florido, prima dell’urgente necessità di trovare altrove i proventi per il sostentamento delle famiglie, erano legati, come tutti sappiamo – molti non lo sanno, o credono, perché lo dicono i giornali e la radiotelevisione, che solo col denaro macchiato di sangue si sia nutrito il paese –al bestiame con i suoi derivati lattiero caseari, come dall’allevamento degli animali per scopi sacrificali, e dalla coltivazione degli uliveti addossati al paese,e alle volte esterni ad esso, con l’estrazione dell’olio dalla raccolta delle olive.
Questa distinzione era una frattura tra le famiglie – sto parlando di un tempo tra la fine del diciannovesimo secolo agli anni, già citati, dell’abominevole piano Marshall –da cui proveniva la forza lavoro vera e propria e le famiglie borghesi.
Le famiglie Mittiga/Gliozzi appartenevano a quest’ultima classe sociale e legavano la propria esistenza ai prodotti del commercio come dalla coltivazione degli uliveti.
Nonno Rosario possedeva dei terreni in contrada Marvelli, sotto il calvario, venduti poi al comune, che cercava un luogo dove costruirvi l’attuale scuola media, ma se non ricordo male in quel sito, o in uno annesso, sempre del nonno, sorgeva un casale della forestale, e terreni nominati “Pettu” e “Chiusa” sulla strada che porta ai Cromatì.
Nonno Luigi invece possedeva La Rocca e i Salis, questi ultimi di fronte al cimitero.
Ovviamente la coltivazione primaria era adibita a uliveto che talvolta lasciava spazio al pascolo di un piccolo gregge lanuto allo scopo di provvedere alla concimazione.
Era una festa quando arrivava il tempo della raccolta delle ulive. Della Rocca , avuta in dote dalla mamma dal nonno Luigi, si occupava l’affezionatissimo e indimenticato Rocco Ielasi, meglio conosciuto come Rroccu da rocca o Rroccu du serru. Era lui che portava avanti la conduzione del terreno con il sostegno economico di papà.
Durante questo tempo di raccolta delle ulive la nostra casa in via ventiquattro maggio si riempiva dell’odore delle ulive che erano depositate, prima di essere portate al frantoio, in un’ampia cassa, di legno, rettangolare, nel sottoscala che portava nei sotterranei dove c’erano le giare per l’olio.
Quando la raccolta era sufficiente il ricavato si portava al frantoio, quello di don Armando,anche lui Mittiga, o del medico Zappia.
In quelle mattine autunno/invernali papà mi svegliava ancora col buio perché io volevo andare con lui per assistere alla molitura delle olive e all’uscita del primo olio, quando, mettendo un dito nell’estratto che scorreva nei bidoni di acciaio, assaggiavo quel nettare ancora caldo.
Ed era gioioso lo stare là, al mattino presto, al riparo dal freddo di fuori, col chiarore di una lampadina gialla, il rumore delle enormi ruote di pietra che giravano dentro la vasca e frantumavano polpa e noccioli, e con gli operai che mettevano pezzi di sansa pigiata dentro la stufa per crearmi un po’ di calore.
Qualcosa di tutto ciò accade oggi a Ciurrame, senza quella festosità e calore tutta platiota, senza Rroccu da Rocca e senza papà.
fine di una piccola trilogia dedicata ad Arvo Part