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giovedì 25 febbraio 2021

Palcoscenico [di Gregory La Cava -1937]



Fine serata di una festa lauretana degli anni novanta del secolo passato.
Riprese di S. G. Barbaro

 

martedì 23 febbraio 2021

Rullo di tamburi [di Delmer Daves -1954]

Michele Trimboli alias u Giamba
Platì, 1923 - 2006

Seminara, un personaggio indimenticato
Madonna dei Poveri
Quando “u tamburinaru”
Era l’uomo della festa
“Michele u Giamba” ogni primo agosto arrivava a piedi
dalla sua Platì, che ora vorrebbe intitolargli una strada

Antonio Ligato
SEMINARA
 
Quando venti anni fa, al corteo storico di Carlo V prese parte come figurante Michele Trimboli conosciuto da tutti come il “tamburinaro u Giamba” moltissimi si complimentarono con quest’uomo che pareva uscito dalla penna di Marino Moretti, il poeta crepuscolare della poesia “Il Burattinaio”. Ecco tornare alla memoria la figura di Michele u Giamba “tamburinaru”, nato l’8 ottobre 1923 a Platì.
Faceva la sua apparizione il primo di agosto, mese dedicato alla Madonna dei Poveri. E come un povero pellegrino, perché povero era davvero, il nostro personaggio giungeva nella cittadina della Piana, dopo aver camminato per tre giorni partendo da Platì. Attraversava la montagna che separa lo Jonio dal Tirreno, con sulle spalle il suo fedele tamburo. Uno strumento invecchiato assieme a lui. Passava le notti sotto il cielo stellato dove persino il rumore dei ruscelli gli suonava come la voce di un amico. Si nutriva di bacche selvatiche e si bagnava la bocca con la brina delle foglie degli alberi. Giorni di cammino. Affrontati da Michele, lasciandosi dietro il massiccio di Pietra Cappa. Scivolava giù attraverso lo Zomaro con vista sulla Pana di Gioia Tauro. Ancora chilometri e chilometri, per giungere, sfinito davanti alla Basilica della Madonna dei Poveri.
Il suo tamburo faceva sentire la voce già alle prime case, animandole di frotte di bambini che capivano dal suo arrivo di essere entrati nel clima della grande festa. Era salutato e attorniato, Michele u Giamba, e qualcuno provvedeva sempre a rinfocillarlo. Sorrideva, Michele, gli occhi si illuminavano su quel viso scarnito dalla fatica e dalla fame. Ringraziava, con semplicità. Tutti rispettavano quell’uomo minuto, asciutto, capelli brizzolati e spettinati, il fedele tamburo a tracolla.
Seminara diventava così per il periodo della festa, il paese di Michele. Giorno e notte per strada e nelle piazze. E quando si spegnevano le luci dei rosoni colorati, Michele trovava riposo distendendosi sui sacchi di farina del panificio Ciappina, a pochi passi dalla Basilica dei Poveri. Per riprendere di buon mattino, il consueto giro, protagonista di un piccolo mondo muto e irreale, che faceva felici tanti bambini. A chi gli chiedeva il nome e cognome, rispondeva semplicemente: Michele u Giamba. A lui, qualcuno a Platì sta pensando di dedicare una via.
( … )
Testo e foto: GAZZETTA DEL SUD, 1 agosto 2011

 

 

lunedì 22 febbraio 2021

Patto a tre [di Jack Donohue -1965]


Con la presente scrittura privata da valere per ogni effetto di legge, noi qui sottoscritti coniugi Zappia Filippo Antonio fu Pasquale e Gliozzi Serafina fu Francesco, nonché Mittiga Rosario fu Francesco adeveniamo al seguente contratto racchiuso nelle condizioni seguenti:
1° Noi coniugi Zappia Gliozzi daremo in fitto al Mittiga che vi accetta, per la durata di anni sei = 6 = a datar da oggi e finirà al quattro Settembre millenovecentotrentaquattro un fondo di nostra pertinenza denominato Rocca in contrada Panteforo in questo di Platì, di natura aratoria con ulivi, ghiande e fruttiferi, limitato per due lati Gliozzi Luigi, Oliva Cav. Michelino e strada Emulumenti =
2° La mercede locativa d’accordo pattuita per lire duemila £. 2000 per tutta la durata del fitto, somma pagabile all’atto del presente contratto come noi coniugi dichiariamo di averla già ricevuta dal Mittiga.
3° Noi coniugi riserbiamo soltanto su tal fondo la mettà dei frutti, cioè fichi, fichidindia, peri erbaggi quando vi sono, nonché ortaggi se vi sono, mentre ulivi e ghianda sono esclusivi del Mittiga.
4° Siccome gli ulivi per l’anno 1928-1929 sono già venduti a Riganò Antonio fu Giuseppe per quanto riguarda i soli frutti di ulivo la durata del fitto finirà Giugno millenovecentotrentacinque 1935 =
5° È a discrezione del Mittiga di coltivare il fondo, però se questi sarà coltivato la parte che spetta al colono va a carico di noi coniugi e Mittiga sui frutti ed ortaggi.
6° Entrambe noi coniugi e Mittiga ci obblighiamo di non arrecare danni alla proprietà ne con animali od altro.
Il presente contratto venne redatto in doppio esemplare una per ugnun di noi.
                                                                                                             Platì  3 – Settembre 1928 – VI =
Accetto come sopra Zappia Antonio fu Pasquale
Accetto come sopra Gliozzi Serafina Fu Francesco
Accetto come sopra Mittiga Rosario fu Francesco










 

sabato 20 febbraio 2021

giovedì 18 febbraio 2021

La rosa misteriosa [di Francis Ford -1914]


FRANCISCO XAVERIO MANGERUVA
EPISCOPO DESIDERATISSIOMO HJERACII
EXCIPE. QUI SUMMUM PASTOREM FORTITER ARDES,
VERSUS, QUOS ILLI CANDIDO AMORE SACRO


 
SAC. GIUSEPPE FERA-ITALIANI DA PALTI' (REGGIO CALABRIA)

 LEONE XIII
AD UNA ROSA PUDICA
RICORRENDO IL MESE DI OTTOBRE

Rosa pudìca, fra le spine nata,
Tu qui sul verde poggio sei ridente,
E come nell’aprile arrubinata!


Quando di autunno torbido e furente
Il vento spoglia agli alberi le fronde,
Euro sprezzi ridendo e Noto algente!


Dal semiaperto tuo sen si diffonde
Un odore bellissimo e fragrante,
Che siepi rende, o cara, e vie gioconde.


Non lascivo deturpi il tuo sembiante,
O con immonda mano e scelerata
Osi toccarti 'l fior tutto raggiante.


 Di rie sozzure giovana imbrattata,
 Del tuo Vermiglio fior non mai corona
 Sopra il suo biondo crin metta intrecciata!

 Nota Il sacerdote Giuseppe Fera, è stato il secondogenito di Francesco, speziale, e Giuseppa Italiani. Nipote di Michele, ferraro, e Candida Nirta, era nato a Platì il 5 marzo del 1845. Alla missione apostolica unì la passione per il bel poetare con il gusto neoclassico che andava in quei tempi. Di lui restano due Elegie in latino dedicate al vescovo Francesco Saverio Mangeruva ed un tempestivo poemetto intitolato Un sospiro su Casamicciola pubblicato nell’agosto 1883 a seguito del terremoto che colpì l’isola di Ischia e le zone circostanti nel luglio di quell’anno. A questa succinta biografia di don Giuseppe Fera possiamo solo aggiungere che fu nipote dell’arciprete rettore del Santuario di Polsi don Domenico Fera (1792-1856).

Il testo originale in apertura riportato lo devo a Francesco di Raimondo.




mercoledì 17 febbraio 2021

Ancora amore [di Luis Robertson -1967]

Primi commenti al libro.

ROCCO DE MARCO: Ciao Luigi! Sono contento di vedere come dedichi una buona parte delle tue energie alla ricerca delle nostre comuni radici. So anche che nel web sono nati tanti piccoli siti che cercano e pubblicano foto ed aneddoti su Platì e su tutti i personaggi illustri o umili che fanno parte della memoria collettiva. Ognuno di noi non può  che essere riconoscente verso di te e di chi come te fa questo lavoro oscuro e certosino. So anche che essendo figli della Magna Grecia, inconsapevolmente commettiamo gli stessi errori dei nostri antenati che crearono le polis, ma che furono sempre in guerra tra di loro, come lo furono poi gli italiani dei Comuni e delle cento città. Del resto ce lo ricorda il nostro Inno Nazionale “siam calpesti e derisi perché siam divisi”. Luigi, continua il tuo lavoro, come stai facendo, con l'obiettività dello storico, senza farti trascinare dalle ideologie o dalle invidie. Spero, e questo è  anche un augurio, che alla lunga si possano unire le tante belle energie di tutti i Platioti residenti e lontani. Se ritieni  utile puoi pubblicare sul tuo blog queste mie brevi considerazioni.

ROCCO LACAVASono contento per quanto hai saputo produrre e per il nobile intento che ti sei prefisso: l'amore per il tuo paese e la mai dimenticata tua terra. Saluti, Rocco.

NOVELLAHai fatto un grande regalo alla famiglia e a tutto il paese!

MARILISA GLIOZZIE‘ arrivato. Accarezzo la carta e sento la carezza che ritorna... Aria di casa. sogni e vecchie foto che mi hanno accompagnata sempre. nella mia casa di Platì, con Pietra Cappa davanti agli occhi occhi ogni volta che si apriva la porta. e in quelle dei nonni, dove ho raccolto. senza saperlo, tutto ciò che mi porto dentro quel pezzetto di cuore che ancora mi é rimasto. Grazie a Ginocugino, che raccoglie, custodisce, rielabora e ci racconta, in una nuova veste, tutti i nostri "segreti".


 

domenica 14 febbraio 2021

Luv vuol dire amore [di Clive Donner -1967]

... non un'opera che fermi il tempo, invece un segno nel tempo che trascende il canone.

Disponibile qui:

http://www.editrice-leonida.com/Ultime_pubblicazioni/pubblicazioni2021/410-Mittiga.htm

giovedì 11 febbraio 2021

Famiglia allargata [di Emmanuel Gillibert -2018]

HANNO DIRITTO ALL'IMPERO
I POPOLI FECONDI QUELLI
CHE HANNO L'OGOGLIO E LA
VOLONTA' DI PROPAGARE LA RAZZA M



UNIONE FASCISTA PER LE FAMIGLIE NUMEROSE

Nucleo di Platì

PLATI’ 27 Luglio 1939 =XVII=  Gliozzi Luigi fu Fsco via Fratelli Sergio 6 Platì

Per comunicazioni che Vi interessano, Vi invito a presentarvi domenica prossima 30 Luglio, alle ore 9, nella Sede di questo Nucleo in Piazzo Mercato.

IL FIDUCIARIO
               F Perone

 

mercoledì 10 febbraio 2021

Wedding Party - Gente comune

05.03.1824 = Flòccari Saverio - Violi Elisabetta di Giuseppe

Saverio nacque l’11 marzo 1797, il 5 marzo del 1824 – giusto 197 anni addietro, cosa potevano pensare i novelli sposi in quel dì felice che non sarebbero stati dimenticati – era un giovane bovaro di ventisette anni, figlio di Rocco che invece era un grado più alto, massaro di bovi, e di Caterina Taliano, la quale non poté conoscere quella felicità essendo venuta a mancare prima. L’abitazione di Saverio e Rocco si trovava nel Vico Vallone. Elisabetta era figlia di Giuseppe, vaticale, e di Teresa Molluso e di casa stavano in Vico San Nicola. Elisabetta, o meglio Bettina era una ragazzina di appena quattordici anni – era nata il 30 luglio del 1810. Al momento della sua venuta in questo universo il paese, più giusto l’Università di Mottaplatì, era sotto lo scettro napoleonico. Al Comune era stata registrata come Agata Carmela mentre al fonte battesimale fu chiamata Maria Elisabetta. Nel 1810 sindaco era Domenico Zappia mentre il giorno del matrimonio era Domenico Oliva e la notifica fu affissa sulla porta della casa comunale il primo di quel mese che, come usanza, era domenica, non ricevendo opposizioni di sorta. A firmare col sindaco furono i due già citati Filippo Tripepi e Pasquale Perri, con loro Francesco e Paolo Iermanò rispettivamente di anni cinquanta il primo e trenta il secondo. In chiesa il matrimonio fu celebrato alla presenza di Domenico Morabito e Don Vincenzo Oliva.

A questo punto, curioso come i gatti, ho dovuto sapere di più su Filippo Tripepi vista la persistenza a volerlo come testimone di nozze.

Filippo nacque l’1 ottobre del 1792 da Francesco e Giulia Pugliese. Come detto di professione era vaticale ed abitava nella Strada San Pasquale con i genitori ed un fratello minore, Giuseppe (15.10.1798). In quel tempo il clan Tripepi era uno sparuto gruppo - e tale restò – proveniente probabilmente da Cirella come attesta una nota di Ernesto Gliozzi il giovane. Il 13 maggio dell’anno 1825 egli sposò Francesca Trimboli, anch’essa una ragazzina di quindici anni, era nata il 31 gennaio del 1807, figlia di Nicola ed Anna Sergi. La famiglia Trimboli era domiciliata nella Strada Pietra d’Angela. Ad unirli in matrimonio fu il dotto Arciprete Francesco Oliva con accanto Francesco Caruso e Antonio Zappia. In Comune con loro c’erano Tommaso Morabito cinquantenne pecoraio, Francesco Zappia bracciale di trentadue anni, Domenico Dimarco di anni tretatre e … come in un canone di Johann Pachelbel, Pasquale Perri.

Il celebre Canone contenuto nella pellicola di riferimento è dedicato a tutto il cast completo di oggi e agli sposi in foto, coniugi Ciampa, che aprono la pubblicazione, soprattutto alla Signora Anna Cusenza, che mi ha sempre accolto in casa come un figlio, da poco venuta meno.