Seminara,
un personaggio indimenticatoMadonna dei PoveriQuando “u tamburinaru”Era l’uomo della festa“Michele u Giamba” ogni primo agosto
arrivava a piedidalla sua Platì, che ora vorrebbe
intitolargli una strada
Antonio LigatoSEMINARA
Quando venti anni fa, al corteo storico di Carlo V prese parte come
figurante Michele Trimboli conosciuto da tutti come il “tamburinaro u Giamba”
moltissimi si complimentarono con quest’uomo che pareva uscito dalla penna di
Marino Moretti, il poeta crepuscolare della poesia “Il Burattinaio”. Ecco tornare
alla memoria la figura di Michele u Giamba “tamburinaru”, nato l’8 ottobre 1923
a Platì.
Faceva la sua apparizione il primo di agosto, mese dedicato alla
Madonna dei Poveri. E come un povero pellegrino, perché povero era davvero, il
nostro personaggio giungeva nella cittadina della Piana, dopo aver camminato
per tre giorni partendo da Platì. Attraversava la montagna che separa lo Jonio
dal Tirreno, con sulle spalle il suo fedele tamburo. Uno strumento invecchiato
assieme a lui. Passava le notti sotto il cielo stellato dove persino il rumore
dei ruscelli gli suonava come la voce di un amico. Si nutriva di bacche
selvatiche e si bagnava la bocca con la brina delle foglie degli alberi. Giorni
di cammino. Affrontati da Michele, lasciandosi dietro il massiccio di Pietra
Cappa. Scivolava giù attraverso lo Zomaro con vista sulla Pana di Gioia Tauro.
Ancora chilometri e chilometri, per giungere, sfinito davanti alla Basilica della
Madonna dei Poveri.
Il suo tamburo faceva sentire la voce già alle prime case, animandole
di frotte di bambini che capivano dal suo arrivo di essere entrati nel clima
della grande festa. Era salutato e attorniato, Michele u Giamba, e qualcuno
provvedeva sempre a rinfocillarlo. Sorrideva, Michele, gli occhi si
illuminavano su quel viso scarnito dalla fatica e dalla fame. Ringraziava, con
semplicità. Tutti rispettavano quell’uomo minuto, asciutto, capelli brizzolati
e spettinati, il fedele tamburo a tracolla.
Seminara diventava così per il periodo della festa, il paese di
Michele. Giorno e notte per strada e nelle piazze. E quando si spegnevano le
luci dei rosoni colorati, Michele trovava riposo distendendosi sui sacchi di
farina del panificio Ciappina, a pochi passi dalla Basilica dei Poveri. Per
riprendere di buon mattino, il consueto giro, protagonista di un piccolo mondo muto
e irreale, che faceva felici tanti bambini. A chi gli chiedeva il nome e
cognome, rispondeva semplicemente: Michele u Giamba. A lui, qualcuno a Platì
sta pensando di dedicare una via.
( … )
Testo e foto: GAZZETTA DEL SUD, 1 agosto 2011