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venerdì 16 settembre 2016

Giglio infranto (reg. David Wark Griffith -1919)

Platì in lutto per la morte
di don Ernesto Gliozzi

                                                                                                               Platì 1 

Sabato 25 scorso serenamente ha chiuso la sua lunga e laboriosa giornata terrena il rev.mo arc.
don Ernesto Gliozzi.
Quale e quanto dolore abbia causato la sua dipartita, si è potuto facilmente scorgere sui volti tristi di tutti i platiesi, che chiusi in una profonda mestizia hanno visto passare a nuova vita uno dei più zelanti soldati della Chiesa di Cristo.
La bontà, la gentilezza, la carità, l’amore, la fede furono il viatico costante della sua esistenza, per cui è vivo il ricordo nel cuore di chi ebbe la gioia di vivergli accanto. Le campane di Platì hanno suonato i tocchi mesti! Tutti hanno pianto, tutti hanno sentito una stretta al cuore. Sul volto di tutti si notava un dolore che non si poteva celare, quello stesso che ha chiamato gente di tutti i paesi vicini a venire a Platì e rendere l’ultimo omaggio al più caro degli amici, dei sacerdoti.
Imponente è stata la manifestazione di cordoglio tributatagli: il corteo preceduto da numerose e belle corone e dal Clero e seguito dalle autorità civili e militari, arrivato nella Chiesa di Maria SS. Di Loreto, ha sostato per ascoltare, dopo la benedizione della bara, la parola di Giovanni Andrea Oliva e del priore Domenico Marando che a nome di tutti i cittadini hanno voluto rivolgere il loro estremo saluto alla salma. Da qui il feretro ha raggiunto l’ultima dimora. Reggevano i cordoni il cav. Fortunato Furore, Pasqualino dei Conti Oliva, sig. Giuseppe Zappia e Giovanni Andrea Oliva.
Al popolo, che nel seguire la salma, ha dimostrato il profondo dolore che ha pervaso ogni cuore e al dolore che rende inconsolabili i parenti dell’Estinto anche la famiglia de “Il Messaggero “  si associa.


IL MESSAGGERO di Roma – Sabato 2 ottobre 1948

giovedì 15 settembre 2016

Sai cosa faceva Stalin alle donne? (reg. Maurizio Liverani - 1969)


A causa delle Elezioni Politiche del 18 Aprile 1948 e per causa del Comunismo in Italia, pel trionfo della fede è uscita per la prima volta in giro Mariano la Madonna di Polsi.
Il giorno 3 Aprile 1948 sabato ore 16, la Vergine è arrivata a Platì, il giorno seguente è ripartita per Bovalino girando la diocesi di Gerace e diversi paesi della Piana.
Il giorno di venerdì 9 Luglio è arrivata nuovamente a Platì da Natile, ore 18. La domenica è stata festeggiata a Platì e lunedì 12, ore 9 è ripartita per Polsi.
Platì 12 / 7 / 948

lunedì 12 settembre 2016

Mezzogiorno ... di fifa (reg. Norman Taurog - 1956)

Dopo la caduta del fascismo e la fine della seconda guerra mondiale, il popolo italiano, con il Referendum istituzionale del 2 giugno 1946, sceglie la Repubblica  Democratica Costituzionale fondata sul lavoro e la libertà individuale, politica, religiosa e di governo.

Così mentre al Nord si ricostruisce molto (dalle abitazioni alle industrie) e si rafforzano le basi dello sviluppo industriale, al Sud molti attendono ancora i contributi sui danni provocati dal terremoto del 1908!

Pasquale (Pasqualino) Perri, Scuola e Mezzogiorno, Qualecultura editrice, Vibo Valentia 1971



MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI
Direzione Generale dei Servizi Speciali

Roma 23 AGO 1938 XVI
Al Sig. Gliozzi Luigi fu Francesco
P L A T I’
(Reggio Calabria)
OGGETTO = Sussidio terremoto =

Per i provvedimenti da adottare, a termini della legge 4 aprile 1935, n. 454, nei riguardi della pratica er concessione il sussidio terremoto, a voi intestata, occorre far pervenire a questo ministero, entro 30 giorni dalla data della presente, copia dell’atto per notar Febbo del 13 febbraio 1904, mediante il quale la proprietà del fabbricato sito in Platì, via S. Nicola, e catastato all’art. 152, è pervenuto a voi ed alla Sig.ra Gliozzi Serafina fu Francesco.

                                                                             IL MINISTRO



domenica 11 settembre 2016

Ricorda il mio nome - Dramma sulla montagna


Questa è un'istantanea di poche ore addietro. Come il precedente post della serie Ricorda il mio nome, un certificato, unico nel suo genere, redatto dallo zio Ernesto il giovane, questo è un attestato, estremo. E’ un’intera tribù, e spero che nessuno mi fraintenda, che viene riconosciuta e che si riconosce intorno ad un iperonimo, secondo la Treccani. Ed in questo momento tutta la famiglia Gliozzi è accanto al dolore dei Sergi perché ultimi abili coltivatori del fondo Sfales.

venerdì 9 settembre 2016

Vittime del peccato (reg. Emilio Fernandez - 1950)


Platì  9  Settembre 1938 – XVI°

Sig/ OLIVA PASQUALINO fu FILIPPO

P L A T I’

In merito alla richiesta fattami non posso dirvi altro che questo:
Ricordo benissimo che nel Gennaio dell’anno 1933, allorché ero Commissario Prefettizio di questo Comune, mi venne dalla R. Prefettura rimessa, con lettera di raccomandazione portante il N° 44081 Prot/ una vostra istanza diretta al Duce con la quale lamentavate di essere voi ed i vostri fratelli vittime di pressioni e di molestie contro di voi esercitate dal Sig/ Mercurio Alberto e dalla Sig/ra Lentini Rachele.
Ricordo pure che, avendo assunte le necessarie informazioni, le vostre lagnanze mi risultarono fondate e giuste le vostre apprensioni e preoccupazioni; per la qual cosa, non avendo potuto diffidare personalmente il Sig/ Mercurio, perché in quei giorni si era allontanato da Platì; incaricai il Maresciallo Delfino dei RR: CC: di sorvegliare il Mercurio e di diffidare anche la Sig/ra Lentini, onde evitarvi ulteriori noie da parte dei medesimi i quali forzosamente volevano interessarsi ed intervenire nei fatti della vostra amministrazione.
Non posso assicurarvi oggi se la risposta data alla R. Prefettura in copia nell’ufficio Comunale; ma solo posso dirvi che il vostro esposto fu ad Essa restituito con le relative informazioni richiestemi. Saluti fascisti.
f.to Francesco Perone


giovedì 8 settembre 2016

Madadayo il compleanno (reg. Akira Kurosawa - 1993)



Otto settembre
La memoria storica comune dell’8 settembre di certo non coincide con la mia storia di bambina.
La notte precedente la passavo in uno stato di dormiveglia misto di tensione e sicurezza. Non dormivo profondamente perché mi piaceva ascoltare, nella via non illuminata, il passaggio e il vociare sommesso e le cantilene votive dei pellegrini che andavano a Polsi.
Quei pellegrini che camminavano nella notte mi facevano un po’ paura e quindi mi dava sicurezza il dormire nella camera dei nonni.
A volte dormivo abbracciata a mia nonna.
Mia nonna che quel giorno festeggiava il suo compleanno.
Tutti festeggiavamo il suo compleanno.
Venivano le zie da Messina e da S Eufemia con i cugini, si cominciava a cucinare la mattina presto, a friggere melanzane e arrotolare involtini. Era l’ultima festa dell’estate nella nostra famiglia.
Nel solaio già si diffondeva il profumo delle sorbe e dei fichi d'india che avremmo consumato in inverno, le giornate non erano avvampate, l’aria era di solito più fresca e in chiesa dove andavamo per la messa mia nonna non usava più il ventaglio e non odorava la boccettina della “Violetta di Parma”


Questo è un contributo di mia sorella Maria, nella foto con lo zio Pepè, che ha alle spalle, il portone, ancora non lo sapeva, da dove sarebbe uscita Annina la sua sposa. Poche righe per un mondo di immagini che permangono nonostante una realtà evaporata. Come il paese che non è più!

mercoledì 7 settembre 2016

Fiori d'equinozio (reg. Yasujiro Ozu - 1958)


Lo so... Una foto, qualsiasi foto, forse poco c'entra con la storia del Seicento calabrese ma non resisto al bisogno di parlarne dal lato dell'umanità, di quello che una foto da e che, forse, addirittura riceve.
Un paio di giorni fa mi invitano a Platì a vedere una mostra sull'emigrazione dei platiesi. Un diluvio di foto, una quantità incalcolabile di occhi, cravatte, case, aratri, giardini, scarpe e calandrelle, benessere e malessere, vissuto qui e altrove... Calabria, Merica e Austraglia. Calau a hiumara, questo ho pensato. E' una fiumara in piena che porta a valle ricordi a migliaia sciolti nella lava della nostalgia, del rimpianto, dell'estraneità, dell'oblio, della trascuranza e del pianto. Poi mi fermo davanti a una foto. Una foto trattata per essere esposta con il tracciato di una associazione culturale che la attraversa e poi colle, cartoncino. Quella foto mi guarda, mi impressiona come fossi un vecchio rullino, mi acchiappa lo stomaco e non mi molla. Quella foto mi trasferisce come un modem emotivo dolori, speranze, illusioni, desideri, volontà. Non hanno un nome ma io le sento. E' una fiumara che cala. Cala verso di me. Nove persone e un bambino. Un'infante che si agita inconsapevole forse della rotazione planetaria che ha attorno. Sua madre mi guarda. E' lei la mediatrice, l'ambasciatore emozionale. Il suo sguardo rappresenta quello di tutti gli altri, li raccoglie li racconta. Io sento di sapere tutto di lei. Di nulla vi saprei parlare ma io tutto so. Quello sguardo non perdona un allontanamento, non tollera l'abbandono, non accetta lontananze, vuole portarmi dentro un mondo che è vivo ma è là dentro.
"Ettore... Veni... Mbivimu  'acchi cosa..." E' Mimmo che mi sveglia. Mi chiama fuori. Platì è il suo paese. Il mio è in quella foto

Il testo, mediato da Francesco di Raimondo, è di Ettore Castagna, gioviale antropologo culturale e pubblicato su Facebook il 23 agosto con il titolo Il deogramma note per un romanzo.
Tutto è accaduto il 20 agosto scorso nella sala che fu Cinema Loreto di Platì. Per parte mia restai meravigliato a scoprirlo rifotografare la foto in oggetto - quello sguardo non perdona un allontanamento, non tollera l'abbandono, non accetta lontananze - che per me è il simbolo del mio DNA. A Ettore Castagna quella sera ho voluto regalare, sotto una fioca luce, la visione del teatro di posa, e quel che rimane, dove la foto venne scattata.

Nell’alba di questi lavori la foto, con altre era stata pubblicata qui:

martedì 6 settembre 2016

Fuochi di gioia (reg. Jacques Houssin - 1938)

Mentre a Polsi esplodevano luci e rumori di tutti i generi, io scoprivo questo testo, conservato nella biblioteca Gliozzi, dove la magia della festa era ricreata con i colori vividi della scrittura.

Ma nell’occorrenza della solennità del settembre ogni contemplazione, all’arrivo, è fugata dal rimbombo dei continui spari assordanti, e dai mille rumori confusi e indistinti che salgono fin lassù, da un mare di esseri umani formicolanti in quel fondo e sotto l’ombra degli ampi castagni, mentre la lunga via serpeggiante dalla parte opposta, e proveniente da Platì e dai paesi del versante di là, si mostra all’occhio brulicante di muli carichi e di passeggeri, che scendono al Santuario come una lunga processione di formiche, la cui coda e ancor sulla cresta del monte, mentre il capo sta per arrivare al Convento, noi, all’estremo della compagnia di quest’altro lato, vediamo la testa della nostra comitiva discendente arrivare e confondersi con l’immensa folla delirante laggiù, a guisa della testa di un fiume che mette foce sulle onde di un mare fremente.

Domenico Giampaolo,Un viaggio al Santuario di Polsi in Aspromonte, prima edizione 1913, ristampa, Grafiche Marafioti, Polistena 1976


mercoledì 31 agosto 2016

Ricorda il mio nome




PARROCCHIA S. MARIA DI LORETO
piazza Duomo 3     P L A T I'    ( RC )

         

Il Parroco di S. Maria di Loreto in Platì (RC), visti gli Atti Ufficio,

C E R T I F I C A

che, nei riguardi di TRIMBOLI  DOMENICO, nato a Platì ( RC ) il                                          
sposato a                con PELLE MARIANTONIA, nata a Benestare ( RC ) il,            
nell' Atto di Battesimo di TRIMBOLI PASQUALE, nato a Platì il                                              
si legge essere figlio di TRIMBOLI DOMENICO di Pasquale, VAJANA e di Pelle Mariantonia di Giuseppe (Lib. Batt. XV, 146).
La medesima annotazione di VAJANA si legge, fra gli altri, nell' Atto di Battesimo dei figli ANNA ( ib. XV, 283), GIUSEPPA (ib. XVI,86), MARIA (ib. XVI,192), NATALE (ib. XVI, 293), ROSA (ib.XVII,21).
     Donde legittimamente si desume che il citato TRIMBOLI DOMENICO, secondo l'usanza tuttora vigente a Platì, aveva il soprannome di  V A J A N A, poi tramandato  ai suoi discendenti.
        Il presente certificato, redatto in carta libera, viene rilasciato per uso consentito dalla legge.

          In fede......

        Platì, 28.12.1995.

                                                                   IL PARROCO
                                                             (sac. Ernesto Gliozzi )                       


lunedì 29 agosto 2016

Fra Diavolo - redux - (reg. Roberto Roberti Leone - 1925)


Il figlio del diavolo

Lo chiamavano Caci
Novella

 Egli è un personaggio misterioso. I monelli del paese gli affibbiarono un nome strambo d’un significato tutto proprio che un poliglotta coi fiocchi non ti saprebbe dire a quale lingua appartenesse.
 Lo chiamavano Caci.
 Le mamme si servivano del suo nome per tenere a freno i figliuoli, come ne la Spagna una volta i comprachicos erano lo spauracchio dei bimbi. – Veh ti porto da Caci – dicevano. E i bimbi strillavano, si nascondevano, piangevano i poverini! Ed avevano ragione .
 Sul conto del povero Caci s’era fatto un monte di corbellerie: lo dicevano ateo, scomunicato, Makammetta in persona e non mancavano delle lingue di fuori che lo battezzavano figlio del Diavolo addirittura.
 Io queste cose non le credo.
 Una volta su l’Ave Maria lo videro con una canna in mano prendere la via del fiume: andava a far pesca d’anguille. I maligni non si orizzontarono su questo punto e dissero che andava a contrattare con suo padre il  Diavolo.
 La paura dei bimbi cresceva, Caci vedeva sempre più ingigantirsi il vuoto d’intorno e le donne avevano imparato un’altra: si segnavano quando lo vedevano passare.
 Eppure Caci in fondo in fondo non era malo. Se non andava in chiesa aveva le sue millanta ragioni a non andarvi… Egli una volta era dalla camicia rossa, non aveva imparato a trattare i santi da suoi pari, né si lasciava posare mosca a naso. – Se i santi non mi rispettano – diceva – io non li rispetto.
E un giorno mise alla porta un tale che questuava per la festa di San Rocco, perché il santo non l’aveva liberato d’un ascesso. – Va via, - gli disse – mascalzone, non ti do niente. Il popolino rimase sbigottito da questo fatto aspettando sospeso il castigo del santo.
 Due giorni dopo Caci era agonizzante:
 Le donne gioivano, i monelli passavano fuggendo e lanciando sassi sulla porta dell’ammalato che si dibatteva tra i tentacoli della morte.
 Don Saverio il parroco si decise d’andare.
 Di  fatti una mattina i monello lo videro entrare nella casa dell’ammalato e a bocca aperta rimasero ad aspettarlo per vedere se uscisse sano.
 Don Saverio uscì raggiante di gioia.
 Un momento dopo le campane suonavano a storno, i ragazzi in chiesa si bisticciavano; chi voleva l’ombrello, chi le lanterne per accompagnare il S.S. – Si portava il viatico a Caci.
 Quando la processione arrivò alla porta dell’ammalato tutti s’inginocchiarono; don Saverio entrò accompagnato dai bimbi con le lanterne che ancora tremavano a verga.
 A l’apparire del parroco Caci, con uno sforzo, si rizzò in mezzo al letto, le lacrime gli rigavano il viso: era calmo, sereno, ispirato. - Padre, - disse con voce fiacca, - io non son degno di ricevere nel mio petto il re del cielo. – Figlio – rispose il prete appressandosi – Iddio ama la pecorella smarrita.
 Il figlio del Diavolo diveniva figlio della Grazia.

Sac. Ernesto Gliozzi senior

Questo testo dello zio Ernesto il vecchio era stato pubblicato, ben prima dei clamori odierni, il 20/09/2011 e allora e ancor prima Caci era già una leggenda pastorale.