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domenica 9 marzo 2014

Storia immortale (reg. Orson Welles - 1968) Pt 1





Cronistoria di Platì
Diocesi di Gerace
a cura del Canonico Antonio Oppedisano

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  Nell’anno  1505, Ferdinando il Cattolico, con suo Reale Decreto,concesse in feudo a D. Carlo Spinelli una vasta estensione  di terreni denominati Prati e S.  Barbara. Il feudatario,  per suo vantaggio, ha creduto fondare un villaggio  chiamandovi degli  abitanti dei luoghi vicini, accordando loro un suolo franco per costruirvi una propria casetta, ed una piccola estensione di terra per farsene un giardinetto.
In origine si è edificata una piccola borgata, che fu denominata casale del fondaco, e poi, ingrandita di più verso il 1704, da Prati fu detta Platì (*); oggi è congiunta alla Marina da strada rotabile, mentre prima era di difficile accesso, a causa del fiume che si doveva attraversare in tutta la sua lunghezza.
E’ posta a 300 metri sul livello del mare.
La Chiesa parrocchiale fu  edificata  verso il  1550, ed era governata  da economi mantenuti dall’università. Fu elevata  a parrocchia nel 1704, e primo parroco fu il Sac. Francesco Perre;  il Sac. Stefano Oliva,  fu nominato primo Arciprete dal vescovo Scoppa  l’8 marzo 1774 in tempo di S. Visita.
(*) Tale memoria si conservava nella scheda del fu Notaro Gliozzì  e ci  fu tramandata dal Sac. Francesco Oliva che fu Arcipr. di Platl nel 1824.

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  La chiesa era situata nel primo rione abitato. Nel 1783 fu totalmente distrutta dal terremoto, e dopo alcun
tempo fu riedificata sul posto stesso dove oggi è impiantata, perché più centrale e più stabile per la natura del terreno. Il Marchese di Fuscaldo la dotò di una congrua di 150 ducati annui, che doveva corrispondere il Reale Demanio, ed ebbe poscia una sopradotazione in beni fondi, provenienti da Luoghi Pii, cioè: il beneficio dell'Annunziata di patronato Zappia, con l’onere di due messe settimanali; quello di S. Giuseppe, della stessa famiglia Zappia; e quello del SS. mo, fondato da Martino Oliva, con I' onere di una messa settimanale Vi era la cappella del Rosario, dotata dl beni, ed era ,stata eretta dai coniugi Antonio Oliva e Teresa Barletta, con istrumento  29 dicembre 1831, del Notaio Gliozzi di Ardore; il patronato dopo alcun tempo, e passato alla famiglia Perri.

3

  La chiesa, parrocchiale, rimasta vacante il 5 dicembre 1817 per morte dell'investito, non si e provveduta, per incidenti che esporremo nel volume in preparazione. Finalmente, eliminate le cause che avevano determinato il provvedimento, fu provveduta nella persona del Sac. Francesco Oliva.
Per lo stato indecente in cui era stata lasciata la chiesa, fu restaurata dopo il terremoto del 1894 a spese e cooperazione del Cav. Uff. Francesco Oliva fu Arcangelo.  Trenta anni dopo, la cappella della titolare fu restaurata dalla generosità del Cav. Michele Oliva, con una spesa di circa L. 13000, e nel 1926, dalla pia signora Maria Lentini vedova Filippo Oliva, fu decorata la navata di S. Francesco, con la spesa di circa oltre 13000 lire.


lunedì 3 marzo 2014

Papà, ma che cosa hai fatto in guerra Pt.2


Caro Luigi
  Ti ringrazio degli auguri per il carnovale sebbene debbo aggiungere che questa festa non è portata nel calendario di quest’anno. Se tu verrai, la quaresima la faremo carnovale e la tua presenza è il miglior augurio. Per questo ti prego di fare ogni insistenza coi superiori e ricordare loro le la necessità incombente per la divisione, dopo la morte della zia, ed altre faccende anche interessanti. Non ti voglio solleticare di più con questo pensiero, perché immagino come esso ti tormenta notte e giorno, solo ti prego di essere prudente ed avere pazienza. Speriamo nella Vergine del Rosario.
Intanto ti chiedo le più care benedizioni per Ciccillo, Ernestino, Rosina e Caterinuzza, mentre noi tutti ti abbracciamo
P.S. Antonio è partito ieri.

venerdì 28 febbraio 2014

Tamburi lontani ( reg. Raoul Walsh - 1951 )

















Tutte le foto, mediocri, sono dell'autore di questo blog, esclusa la prima gentilmente concessa da Francesco di Raimondo e che proviene dall'archivio della Signora Giuseppina Fera; in detta foto vi compare anche il precedente citato blog-auteur e sullo sfondo, nel bagliore estivo, la sua  casa .
Il post è dedicato a Michele Trimboli  ed al suo maestro Gianni u tamburinaru, come ai suoi collaboratori.




giovedì 27 febbraio 2014

Giorno di gioia ( reg. John Ford - 1927 )




 Platì 12 – 9 – 65

Caro Peppino
Abiamo ricevuto la tua tanta gradita lettera e tutti gioimmo che ci assicura che stai bene e che godi ottima salute comi pure la presente ti assicura noi tutti in famiglia in quanto me sono migliorato in questi giorni scendo in bottega perciò no stari in pensiero anche tua mamma va molto benone con la bocca come vai? Ai parlato per la dentera pensa di no trascurarti ieri è venuta Richelina con tutti i suoi e anche tua sorella Pina con tutta la famiglia e tutti ti salutano caramente sono venute perché ieri Domenica giorno 12 è stato l’onomastico di tua mamma e si è fatta una bella festicciola e tutti pensavamo allo lontano Peppino ti raccomando per la tua salute di no trascurarti e se ai bisogni di qualche cosa scrive no più noi tutti ti salutiamo e ti abbracciamo caramente e con la S. B.
                                                                Tuo affmo
Papà
Salute ai tuoi compagni di stanza e particolarmente a chi scrive salute per la famiglia Morabito Rosario

Carissimo zio ieri siamo venuti insieme con la zia rachelina, e mi è dispiaciuto perché non sono stato presente alla tu partenza saluti e baci dal tuo affezionatissimo nipote Giovanni
Caro zio come state? Noi tutti qui stiamo bene vi ricordiamo con tanto affetto saluti e baci affezionatissimo Gino

mercoledì 26 febbraio 2014

Nostalghia (reg. Andrej Arsen'evič Tarkovskij - 1983)


Mari di nostalgia sommergono ogni senso D'Audino Claudio

lunedì 24 febbraio 2014

Cuor di poeta (reg. Eduardo Bencivegna - 1913)



Arciprete ERNESTO GLIOZZI
CASIGNANA (Reggio Cal.)

Caro Dionino,

Voi mi avete avvertito di non scrivere versi. Il Poeta siete voi, oggi scrivete l’eterno epitalamo della vita e non sopportate che altri si permetta di varcare la soglia del vostro paradiso terrestre. Fate bene!
Oggi un’ombra di tedio
E terra e ciel coprì
Il Vate è cosa inutile. Il vero immortale è l’Amor.
Non per tanto, per sbarcare il lunario, la bottega della poesia la cambio oggi in una officina di fabbro. Vedete? Su l’incudine della fantasia metto, incandescente, un metallo che ha i riflessi dell’oro. Forgio un anello. Un anello nuziale che non ammette eleganze, tranne di quelle della materia pura. A tutta prova del fuoco. Colato dal crogiolo. E’ quello che le vecchie mamme solevano chiamare la Fede. Vi incido un motto latino: Ordinavit in me charitatem.
Ha posto una legge ai miei sentimenti l’Amore.
Ed ora, col bulino, mi faccio a disegnare una croce uncinata, come quelle che somigliano all’ancora, e si gettano nelle profondità del cieli. Fatta. Una margherita … sembra una stella bianca col cuore d’oro. Benissimo. Ed infine un ramoscello d’ulivo, rubato al becco della colomba di Noé. Oh bella ! ho fatto la bandiera, dai tre colori sacri alla religione e alla patria mia. Il rosso della Croce insanguinata. Il verde della speme della pace. Il bianco della vergine sposata.
Stavo per cadere … Memento.
La Croce ti ricordi la follia dei nostri padri, che furono felici perché credenti. La margherita è l’innocenza, il candore, la modestia della tua dolce compagna che ti sorride col cuore d’oro e con la corona di petali a forma di stelle. La stella del tuo cammino è Maria. E l’ulivo? Quante cose non ti ricorda l’ulivo, sempre verde come la speranza! Che produce olio che ammorbidisce, sana, rinvigorisce ed è incorruttibile come la religione. E’ il simbolo della pace, e se non lo ricordi domandalo a quello dell’arca. Sicut novellae olivarum in circuito mensae tuae.
Sunto
L’anello è finito e sembra una enciclopedia. Vi trovi:
La Fede, la Speranza, l’Amore (che formano la Bandiera)
La Bontà, l’innocenza, il candore (che sono le doti della tua sposa)
La Religione, il dovere, l’augurio (che sono ciò che devi fare …)
O meglio … che fra pochi anni in obbedienza alle savie leggi fasciste e bevendo acqua di Matartaci … possano intorno alla tua mensa, spuntare le novellae olivarum, ed allietarti col balsamo dell’olio e della pace. Ho finito.
Non permetti ora al fabbro ferraio, figlio di mio padre, di ripetere le parole di Nerone morente: Qualis artifex pereo Quale artefice son io?
E. G.

domenica 23 febbraio 2014

Fanfare / Dear Friends - Jonathan Wilson




Grande è la terra. E con la terra tutte le cose sono grandi, i grattacieli e i fili d'erba. William Saroyan



Fanfare - Jonathan Wilson, il più bel disco del 2013.

giovedì 20 febbraio 2014

Papà, ma che cosa hai fatto in guerra Pt. 1

Caro Luigi
Non ho ricevuto stasera tue notizie e siamo tutti impensieriti. Scrivo unicamente per dirti che ti preghiamo di scrivere sempre anche quando sei stanco, anche quando stai mangiando.
Se sapessi che scompiglio c’è in famiglia quando non arrivano tue lettere! Ti baciano i bambini e ti chiedono la S. B. Noi tutti ti abbracciamo e la V. del Rosario ti protegga
Vogliami bene


mercoledì 19 febbraio 2014

Papà, ma che cosa hai fatto in guerra? (reg. Blake Edwards - 1966)

Prologo

nonno Luigi

nonno Rosario (sul carretto il primo da destra)

zio Ciccillo
  Noi non abbiamo idea di che cosa sia una guerra, come non abbiamo idea della guerra nella guerra. Chi partecipò, dei nostri genitori, agli ultimi conflitti mondiali, a seguito dei quali la nostra nazione fu causa o parte, non è più tra noi a ricordare gli orrori, anche se, per onorare il vero, molti di loro non capirono cosa stava accadendo, mossi dall’entusiasmo scatenato dalla menzognera propaganda. Malgrado gli studi e gli scambi di idee chi vive oggi o nascerà domani ricadrà negli stressi errori, alla faccia delle bandiere con l’arcobaleno e delle marce dietro stendardo e cartello.
La Grande Guerra, quella del ’15 – ’18, ricostruita con lo stesso titolo per la regia di Mario Monicelli, e vi ricordo anche i film di Lewis Milestone, Stanley Kubrick e Francesco Rosi, mandò cartoline di precetto dapprima alle classi più giovani e dopo fagocitò quelle a seguire.
Nel 1917 indossarono la divisa i nonni Luigi e Rosario. A Platì lasciarono le mogli sovraccaricate a crescere una prole abbastanza consistente: nonno Luigi era già padre di zio Ciccillo, zia Rosina, la mamma e zio Ernesto; la zia Serafina Gemma era quasi pronta a vedere la luce; nonno Rosario aveva papà, zia Rachelina e zia Rosina, lo zio Peppino, pure lui era pronto a presentarsi.
Non so come successe, forse anche allora si poteva contare sulle amicizie, forse furono le preghiere di nonna Lisa e nonna Mariuzza a San Francesco di Paola, tant’è che i nonni come quest’ultimo passarono lo Stretto di Messina, non sul mantello alla maniera del taumaturgo, ma sul ferribot, mettendo piede in Sicilia prima di papà, che venne per restarvi.
La guerra nella guerra la combatterono le nonne, rimaste in paese a badare, crescere o mettere al mondo i figli. Di questo se n’è parlato meno, le lettere che vado a pubblicare sono un valido documento che in modo particolare fermano l’immagine su quanto accadeva, con l’occhio e lo sguardo dei nostri genitori o zii allora infanti.
 Se avrete la pazienza di leggere questi scritti potrete compiere un flashback all’indietro sulla vita molto prima che arrivassimo noi e così farvi un’idea di che cosa sia un marito o genitore in armi come della guerra nella guerra.