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lunedì 27 febbraio 2012

Koko Taylor - Voodoo Woman


Stavo pensando che tu sei il solo uomo (da me conosciuto) che racchiude in sé VERAMENTE oltre il fanciullo  la donna evitando così quell’odiosità che hanno tutti gli uomini (da me conosciuti) - poveri
Questo messaggio è di Layla, si potrebbe aprire un dibattito, ma nulla toglie alla sua affettuosità
Invece la canzone me l'ha segnalata Antonella Phard L.R.

venerdì 24 febbraio 2012

La casa senza tempo (reg. Andrea Forzano - 1943)











Così come la vedete voi ora è come la vidi l’ultima volta. Aveva cento anni passati, poi... non ci fu più!
Una storia unica è la sua.
E’ stata la casa dei miei bisnonni Gliozzi, Francesco e Rosa Fera, dei nonni Gliozzi, Luigi ed Elisabetta Mittiga, dei nonni Mittiga, Rosario e Mariuzza Trimboli, degli zii Gliozzi e Mittiga; infine unendoli tutti fu la casa di papà e mamma.
Lo zio Ciccillo, la zia Rosina, la mamma, zio Ernesto, zia Gemma e lo zio Pepé nacquero qui. Qui vennero al mondo Maria, Lisa, Gianni ed io. Fu la casa anche della zia Serafina, sorella di nonno Luigi, quando ancora viveva  il marito di lei, Antonio Zappia. Da qui uscirono spose la zia Rachelina, la zia Rosina e la zia Pina.
E’ stata una dimora vissuta fino alla sua decadenza.  Le uniche persone che vi morirono furono dapprima la mia sorellina Lisa, di pochi giorni, e il  nonno Rosario nel 1967, forse vi morì il marito della zia Serafina, ma di questo non sono sicuro.
Una cosa strana mi succede quando vado a Platì e passo per la via dove essa sorgeva: non vedo la sua sostituta bensì essa ancora com’era, grande, dai bassi bui che emanavano paura e mistero, ai solai dove venivano riposti i frutti come in un frigorifero; alle stanze dello zio Peppino e di Saro e quella parte dove c’erano il focolare ed il forno a legna. Prima di arrivare in questa parte, in un mezzanino sorgeva una loggetta che dava nel giardino degli Zappia, e da dove si poteva alzare lo sguardo verso il campanile della chiesa “du ritu”, vi esisteva anche, incassato nella parete, un gabinetto d’emergenza.
Ancora al piano basso esisteva la mescita del vino appartenuta al nonno Luigi e  la dispensa dell’olio; al livello stradale sorgevano la calzoleria dello zio Peppino e la “bottega di generi alimentari e diversi” come recitava il timbro delle attività li svolte.  Alle spalle di quest’ultima c’era una parte bassa con  attaccata una che portava al livello stradale, nella prima vi scorreva la mastra e nell’altra c’era il gallinaio; fuori, nei limiti con gli Zappia, vi era pure una pergola di uva fragolina.
Come in una panoramica in technicolor e techniscope alla sua sinistra c'era attaccata la casa di zia Annina, con a piano terra l'ufficio del dazio, successivamente la casa Zappia-Galatti e oltrepassando corso Umberto il bar di papà. Di fronte ad esso, sulla via XXIV maggio,  c'era l'ufficio postale e risuperando il corso la casa della signora Fera, quindi un casalino, luogo di invenzioni ludiche; dopo la scalinata che portava al municipio c'era la casa di Raimondo con affiancata quella di don Umberto Romeo e più avanti quella di mastru Cicciu u cruciatu, al secolo Schimizzi, di fronte, oltrepassando la via XXIV maggio, la casa du bumbiu e tornado verso casa mia la falegnameria di lignuduru, più oltre una discesa con il panificio carrarmatu, il bar di Dante De Maio, quindi la Casa. Questo che vi ho circoscritto era il perimetro dei giochi che non bisognava oltrepassare e incorrere nelle sanzioni paterne.
Davanti la casa vi passavano le greggi portate al pascolo, le processioni ed obbligatoriamente i morti che venivano portati al cimitero. Ero nella bottega chiusa, che giocavo per terra, con il nonno Rosario che rispondeva alle mie domande su quel mistero come la morte, mentre fuori passava il carro funebre trainato dai cavalli, un rumore assordante e sinistro di zoccoli e ruote, come nei western leoniani,  e,  dentro la bara, lo zio Michele, fratello di nonna Lisa.
E’ destino delle case essere sostituite da altre nuove, un destino che arriverà per l’altra casa, adesso silenziosa, dove neanche lo squillo del telefono, alle mie chiamate dei primi tempi del suo abbandono per alimentarvi ancora qualche tremito di vita, potrà scuoterla, anch'esso rimosso.

Scusatemi, ma tutte queste foto e parole la casa se le meritava.

giovedì 23 febbraio 2012

Corsico: provincia di PL (Reg. Giorgio Stegani - 1976)



Corsico 26/2/65
Carissimi Genitori
Subbito vi rispondo la vostra cara lettera e sono contento che di saluti state tutti bene, e un altro tanto vi posso dire da me che sto molto bene. Ora vi dico che io sto ancora lavorando dove ero e sto facendo 9 ore e mezza al giorno. Ora come voi dite che a PLATI’ la neve non si a visto ma fa un freddo tremente io vi dico che qui a Milano sta facendo dei belli giornate di sole e senza  un filo di freddo. Come dite che la fine di questo mese si sposa la signorina Maria che quando va Ciccillo che gli da i miei puri migliori auguri per parte mia. Ora vi ricevete tanti saluti, mi salutati tanto i miei sorelle e famiglie, saluto a Ciccillo e famiglia e in fine vi saluto a tutti voi mamma e padre e sono vostro figlio Mittiga Giuseppe

Come dite che io vi o mandato la somma di lire 100.000 vi dico  che non vi o mandato niente che io questi soldi c’è le o posate io qui

Gino io sto molto bene e tu come stai ti saluto tanto tanto e sono tuo zio Giuseppe

Ora vi ringrazia la signora di dove io abbito della cartollina che si avete mandato che la ricevuto assieme con la mia lettera

Ora fatemi a sapere se la sera di Mercoledì 17 avete sentito qualche cosa per aria che io mi trovavo in casa dei figli di mastro Saverino u cicella che ci stavamo scaldando un po alla stufa e a colpo abbiamo sentito tre colpi di bombe atomiche e dopo siamo usciti fuori a vedere cosa è abbiamo visti tanti agente che guardavano in cielo e abbiamo visti dei aerei che volavano in aria che non finivano mai fatemi sapere se anche a PLATI’ e successo cosi Mittiga Giuseppe

martedì 21 febbraio 2012

Il concorso - atto 2 - allegato 1°





Reverendo
La causa di non essere voi arciprete nel vostro paese sono stati i vostri paesani che anno mandato lettere al vescovo è di più sono andate di presenza ma di più è stata una donna chiamata d’. M. la moglie del m. che a mandato persone dal vescovo e gli a pagato il viaggio e di più ha spinto a l’arciprete di andare a fare il concorso. Voletele bene i vostri paesani ma specialmente a questa donna che vi a fatto questa offesa e portatela di buon occhio che per lei voi non siete arciprete.  Fatemi il favore chiamate il marito di donna M.  e dite che la corregga a sua moglie che tutte le giorni manda persone a dire a l’arciprete che se ne viene per presto per dispetto vostro vi prego che questa lettera non la mostrate a nessuno per amore di Dio
Tanti ossequi un vostro intimo
amico

lunedì 20 febbraio 2012

Harvest




Totò mi disse: “vedrai , sarà un anno in cui non ti dovrai preoccupare di niente, a tutto provvederà lo Stato”. E così accadde.
Tra Sulmona e L’Aquila, dove arrivai sotto un nevicata a cui non ero abituato, l’unico modo di occupare il tempo della libera uscita, avendo finito in un pomeriggio le bellezze della città e le sue artistiche chiese, fu di stiparmi dentro i cinema e vedere di tutto da Walt Disney a Bianco Rosso e Verdone. Collezionai così un gran numero di capolavori e, con mio scorno, la clinica delle supersexy, che andai a confessare al cappellano della caserma.
Accaddero anche degli avvenimenti piacevoli che col passare degli anni hanno fatto maturare l’idea che quell’anno non sia stato del tutto inutile.
Un fatto che mi fece lievitare di gioia accade d’estate, un pomeriggio ci misero a marciare per punizione. Il comandante della caserma doveva aver visto MASH di Robert Altman, per suo ordine il furiere in quei pomeriggi di canicola, diffondeva musica dagli altoparlanti Geloso. Qualcuno doveva aver messo insieme agli altri lp, Harvest di Neil Young. Durante quella marcia punitiva il furiere lo mandò tutto, compresa la pausa per voltare alla b side. Ancora quando lo ascolto mi tornano in visione il sudore, la nuca di chi mi stava davanti, gli scarponi, la voce del canadese e quella del sergente di turno che ringhiava imprecazioni contro il pigro plotone.
Did i see you down in a young girls town
With your mother in so much pain

giovedì 9 febbraio 2012

Il concorso (reg. Milos Forman - 1963)


La storia del paese, Platì, è la storia della Calabria, come lo è della nazione italiana, e di quella internazionale, in ogni caso!
Nella Chiesa cattolica le cose accadono e sono accadute come nella vita secolare: checché se ne dica, la Chiesa cattolica ha fatto sempre politica. -  “A mio parere il cattolicesimo della Chiesa di Roma non si può neanche considerare fede, bensì la chiara prosecuzione dell’Impero Romano d’Occidente”. Fedor  Dostoevskij, L’idiota.  -  Ha fatto politica, per non andare  molto indietro, con i Borgia, con il nano Bonaparte, con S. E. Benito Mussolini, con il generalissimo Franco, con De Gasperi, e con l’impresario Berlusconi, anch’esso nano, senza escludere gli Americani.
A fatto politica pure a Platì. Per due volte.
Ora mi potete dire ed accusare come volete, vi concedo le vostre ragioni. Ma qui voglio soltanto ricordare il triplice torto subito dagli zii al momento della nomina del parroco del paese da parte del vescovo di allora nella persona S. E. Giovan Battista Chiappe, ligure.
 Nel 1920 alla  morte di Mons. Saverio Oliva bisognava nominare il nuovo parroco. Tra gli altri, concorreva lo zio Ernesto sen., naturale successore di mons. Oliva, del quale era coadiutore, regolarmente nominato , già dal 1909, con bolla arcivescovile  da mons. Giorgio Delrio. Come Pilato, il Chiappe, dopo essersi lavate le mani,  fregandosene di tutto,  nominò il sacerdote  Antonio Pipicelli, uno di fuori, e  spedì lo zio, di corsa a Casignana.
In quell’occasione i sostenitori dello zio inviarono al vescovo una formale richiesta di elevazione a seconda parrocchia della chiesa del Rosario onde affidarla allo zio. Questa seconda parrocchia doveva comprendere all’incirca, tutto l’abitato a sud della via XXVI maggio, arrivando ai limiti di accesso al paese per chi proviene dalla marina. Lo zio, da buon pastore di anime, per non accattivarsi i superiori fece desistere i suoi amici.
Questi “incidenti” parrocchiali non era la prima volta che succedevano. Già nel 1817 secondo il canonico protonotario Antonio Oppedisano, la parrocchia rimaneva vacante, fino a “quando eliminate le cause che avevano determinato il provvedimento”  fu nominato il sacerdote Francesco Oliva.
Nel 1940 concorrevano  per la nomina a parroco lo zio Ciccillo e lo zio Ernesto jun., ancora freschi di ordinazione sacerdotale. Anche questa volta furono fatte pressioni in curia e il Chiappe nominò mons. Minniti che in paese arrivò protetto da due sorelle assai mordaci.
Lo zio Ciccillo, la storia si ripete,  ebbe la cura della chiesa del Rosario, - per sempre sarà la mia unica parrocchia  -  e fu sostituto di mons. Pelle presso il santuario di  Polsi. Lo zio Ernesto fu spedito a Samo e successivamente ebbe l’elevazione a  canonico , prima che un altro vescovo, Perantoni, lo deragliasse dalla carriera e spedirlo alla chiesa di Ardore, quindi a organizzare gare canore per bambini tra le parrocchie della diocesi e dopo alla chiesa di Careri.
Tutte e due le volte alle devianze si interessarono famiglie molto in vista nel paese che avevano risentimenti non tanto con gli zii ma con il nonno Luigi molto attivo in paese in quell’epoca, tra la fine della prima guerra mondiale e l‘inizio della seconda.  Le potrei nominare,  ma il Tempo, quello proustiano, le ha spazzate via, se non decimate.
Per il destino dello zio Ciccillo e dello  zio Ernesto jun. il nonno Luigi e la nonna Lisa soffrirono molto, anche perché in famiglia si era abituati a stare il più possibile insieme.
Nonno Luigi addirittura, all’insaputa degli zii, scrisse lettere di protesta al vescovo e spedì pure una richiesta di accertamento sull’operato del vescovo a S. E. Benito Mussolini. Non poteva sopportare che i primi due figli maschi concessi per loro vocazione alla Chiesa dovevano stare lontano dalla sua famiglia e dal paese dove erano benvoluti.
Lo zio Ciccillo morì quasi a ridosso della scomparsa di mons. Minniti avvenuta nel 1974.
Lo zio Ernesto finalmente inviato a Platì  rifiutò sempre la nomina a parroco del paese, lavorando silenziosamente per il bene delle anime affidategli ed  obbediente agli ordini vescovili, quantunque, alle volte,  scettico. Questo posso accertarvelo io.
Una volta, ormai a riposo, e molto avanti negli anni, ad una affermazione appresa per televisione, da parte del papa polacco mi disse:  “ in alcuni casi, pur obbedendo sempre, quello che dice il papa io non lo capisco, come pure alcuni suoi ordini”.
Oggi, come i gli anziani del paese,  la chiesa “dedicata alla Vittoriosa di Lepanto” vive in uno stato di completo abbandono, dopo la morte degli zii, facile preda con tutto il suo passato, di incursioni inevitabili.
Ho una sola perplessità : gli zii per il loro voto di obbedienza alla Chiesa ed alle sue gerarchie non mi avrebbero mai perdonato quanto ho scritto, o se non altro per come è scritto.

Cari zii, voi per me sarete sempre più importanti della Chiesa. Il vostro Gino


mercoledì 8 febbraio 2012

All things must pass - George Harrison

Ciurrame, dalla cucina alla terra





La vita tace adesso ancora di più intorno a me, come quelle campane di convento che i rumori della città coprono interamente durante il giorno e addirittura si pensa siano ferme, ma riprendono a suonare nel silenzio della sera
Marcel Proust, op. cit.


martedì 7 febbraio 2012

Il navigatore (reg. Buster Keaton - 1929)


Ideale
La luce del sole si frange,
si specchia sul mare turchino
E pare una Ninfa che piange
dal fuoco, ne l’occhio divino.
E freme l’infido elemento,
E mormora e batte le sponde.
Col murmure lor sonnolento,
parole borbottano l’onde.
Anch’io nel cervello mi sento
L’oceano che freme e spumeggia
E l’onda, agitata dal vento,
S’eleva, soave, ed inneggia.
Anch’io nel cervello - qual faro –
Ho stabile un sol trionfale
E navigo – invitto corsaro –
A sole del cor: l’Ideale

Sac. Ernesto Gliozzi sen.                                                                                         

lunedì 6 febbraio 2012

Semina seminatore - Nuccia Bongiovanni arr. del Maestro

Ciurrame, dalla terra alla cucina





La borghesia dovunque ha preso il comando, ha messo fine a tutte le relazioni idilliache, patriarcali, feudali e non ha lasciato altro nesso tra uomo e uomo che l’interesse personale nudo e crudo … la borghesia, tramite il rapido miglioramento di tutti gli strumenti di produzione e l’immensa facilitazione dei mezzi di comunicazione, trascina tutte le nazioni, anche quelle più barbare, dentro la civiltà.
C. Marx - cit. da Ernst F. Shumacher in Piccolo è bello


venerdì 3 febbraio 2012

Harvest

Nel millenovecentottanta/ottantuno, l’anno di The River di Bruce Springsteen, ero arrivato al limite massimo per presentare domanda di rinvio, vidimata la cartolina alla stazione ferroviaria partii per il servizio di leva.
Un momento però, prima di continuare, obbligatoriamente devo licenziarmi con Gianni Parlagreco. “Siggnoggianni quannu u fa “Lo sgualo”.
Se ne andato in silenzio, una mattina, dentro la sua casa, il cinema. Come un personaggio di Sam Peckimpah, come Slim Pickens in Pat Garret & Billy the kid, knokin’ on heaven’s door.
I tempi lo avevano sorpassato, il suo sogno, avere una sala di cui non dare conto ad altri l’aveva realizzato. Anni prima lo incontrai alla Banca del Sud, aspettava di entrare per un colloquio con il dottor Vella, mi disse: “Luigi, niscia pacciu, vogghiu u mi ccattu l’Iris e ci fazzu na multisala”, e cosi è stato.
Ora, vi dico un mio pensiero: ha realizzato la multisala Iris, ma il Cinema era l’Orientale.
Un giorno mi telefonò che doveva proiettare per contratto C’era una volta il west, anche per un giorno. Scappai, allo spettacolo delle sedici ero solo in sala. Quel film non l’ho mai visto né prima né dopo come in quella proiezione. Aveva , come il Garden, lo schermo più bello di Messina, e come il Garden, ad una altezza tale, rispetto al pavimento, che al primo posto della prima fila di destra, al centro, mi sentivo dentro il film. Quella è stata la prima volta in cui percepii il dolly più copiato della storia del cinema, agganciato alla musica che nessun film aveva mai avuto e mai avrà.
Lasciando la periferia, andò a gestire dapprima il Garden e il Capitol ex Orfeo, poi l’Odeon e il Lux ed infine l’Aurora. In quelle sale l’avrei rivisto per alcuni anni, solo come spettatore, insieme a colei che avrebbe sparato al cuore del mio cinema.