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martedì 20 settembre 2011

Fra Diavolo (reg. Roberto Roberti - 1925)

Il figlio del diavolo
Lo chiamavano Caci
Novella
 Egli è un personaggio misterioso. I monelli del paese gli affibbiarono un nome strambo d’un significato tutto proprio che un poliglotta coi fiocchi non ti saprebbe dire a quale lingua appartenesse.
 Lo chiamavano Caci.
 Le mamme si servivano del suo nome per tenere a freno i figliuoli, come ne la Spagna una volta i comprachicos erano lo spauracchio dei bimbi. – Veh ti porto da Caci – dicevano. E i bimbi strillavano, si nascondevano, piangevano i poverini! Ed avevano ragione .
 Sul conto del povero Caci s’era fatto un monte di corbellerie: lo dicevano ateo, scomunicato, Makammetta in persona e non mancavano delle lingue di fuori che lo battezzavano figlio del Diavolo addirittura.
 Io queste cose non le credo.
 Una volta su l’Ave Maria lo videro con una canna in mano prendere la via del fiume: andava a far pesca d’anguille. I maligni non si orizzontarono su questo punto e dissero che andava a contrattare con suo padre il  Diavolo.
 La paura dei bimbi cresceva, Caci vedeva sempre più ingigantirsi il vuoto d’intorno e le donne avevano imparato un’altra: si segnavano quando lo vedevano passare.
 Eppure Caci in fondo in fondo non era malo. Se non andava in chiesa aveva le sue millanta ragioni a non andarvi… Egli una volta era dalla camicia rossa, non aveva imparato a trattare i santi da suoi pari, né si lasciava posare mosca a naso. – Se i santi non mi rispettano – diceva – io non li rispetto.
E un giorno mise alla porta un tale che questuava per la festa di San Rocco, perché il santo non l’aveva liberato d’un ascesso. – Va via, - gli disse – mascalzone, non ti do niente. Il popolino rimase sbigottito da questo fatto aspettando sospeso il castigo del santo.
 Due giorni dopo Caci era agonizzante:
 Le donne gioivano, i monelli passavano fuggendo e lanciando sassi sulla porta dell’ammalato che si dibatteva tra i tentacoli della morte.
 Don Saverio il parroco si decise d’andare.
 Di  fatti una mattina i monello lo videro entrare nella casa dell’ammalato e a bocca aperta rimasero ad aspettarlo per vedere se uscisse sano.
 Don Saverio uscì raggiante di gioia.
 Un momento dopo le campane suonavano a storno, i ragazzi in chiesa si bisticciavano; chi voleva l’ombrello, chi le lanterne per accompagnare il S.S. – Si portava il viatico a Caci.
 Quando la processione arrivò alla porta dell’ammalato tutti s’inginocchiarono; don Saverio entrò accompagnato dai bimbi con le lanterne che ancora tremavano a verga.
 A l’apparire del parroco Caci, con uno sforzo, si rizzò in mezzo al letto, le lacrime gli rigavano il viso: era calmo, sereno, ispirato. - Padre, - disse con voce fiacca, - io non son degno di ricevere nel mio petto il re del cielo. – Figlio – rispose il prete appressandosi – Iddio ama la pecorella smarrita.
 Il figlio del Diavolo diveniva figlio della Grazia.

Sac. Ernesto Gliozzi senior

I due signori della foto non so chi potevano essere, ho solo la foto originale senza indicazioni.
Roberto Roberti era lo pseudonimo di Vincenzo Leone padre di Sergio Leone Tolstoi.
Questo post è dedicato a Francesco Violi di Raimondo.

lunedì 19 settembre 2011

Lascia ch'io pianga - G. F. Handel

Maria Trimboli - nonna Mariuzza
Platì 16/09/1887 - Messina 13/07/1976
alla sua destra suo fratello Antonio emigrato in America e alla sua sinistra papà traslocato a Messina

Per me Trimboli è il più bel cognome di Platì, la nonna come potete vedere era bellissima ed elegante, nonno Rosario in questo fu fortunato perchè quell'eleganza lei non la perdette mai. Questa unione Trimboli/Mittiga unica nel paese, io ebbi la "cruda sorte" di viverla per qualche tempo nella città zanclea, sempre pensando alla nonna e facendo notare a tutti la mia fortuna e il destino, che ebbe una svolta, ma Platì molto più avanti, e ancora con una svolta si ripresentò nella forma delLa Rocca. Ed io oggi gioisco per la nonna e per la mia fortuna.



martedì 13 settembre 2011

Creste of wave - Rory Gallagher


Albert e Antonella
LA ROCCA IN SPAGNA
Antonella è stata la prima seguitrice di questo blog il suo bel logo è il primo.
La foto è stata scattata a Montalbano Elicona dove possiede una bella casetta nel centro medievale,uno scorcio lo potete vedere alle loro spalle nella foto, i suoi genitori la tengono sempre a posto e ne sono innamorati pure loro, tant'è che hanno lasciato quella del Faro per accudire a questa, ma i ricordi rimangono faroti.



venerdì 9 settembre 2011

Ebben ? ne andrò lontana - Alfredo Catalani


zia Rosina   Platì 12/09/1910 - Pescara 16/04/1997
Miss Platì 1941 - XIX dell'ex era del fascio



giovedì 8 settembre 2011

The trip - Donovan


    Un viaggio, di per sé, che giovamento ha mai potuto dare? Non modera i piaceri, non frena le passioni, non reprime l'ira, non fiacca gli indomabili impulsi dell'amore, insomma non libera l'anima da nessun male.
Non rende assennati, non dissipa l'errore, ma ci attrae temporaneamente  con qualche novità come un bambino che ammiri cose sconosciute. Rende, invece, lo spirito, già gravemente infermo, ancora più incostante, e questo agitarsi lo fa diventare più instabile e volubile. E così gli uomini abbandonano con più smania quei posti che avevano tanto smaniosamente cercato, li oltrepassano a volo e se ne vanno più velocemente di quanto erano venuti.
Lucio Anneo Seneca, op. cit


mercoledì 7 settembre 2011

Fermata d'autobus (reg. Joshua Logan - 1956)



Si sa, Certi accadimenti non fanno congrega per caso. Unite un cambio di casa a Messina, una cugina americana in vacanza e … Marilisa a Bovalino. Che succede?,  su invito della cugina io mi mollo e per una notte dormo in terra natia, compreso un bagno serotino nel mare più bello del mondo, alla faccia di Panarea.
Ma riavvolgiamo il nastro.
A seguito dello smantellamento dell’appartamento originariamente affittato da papà, causa il TRASLOCO avvenuto l’ottodicembredelmillenovecentosessantotto nella città del pescestoccoajiotta, vengo in possesso di quanto appartenuto ai miei genitori: raccolte varie di libri di chiesa della mamma, le sue immaginette votive, qualche lettera, qualche cartolina, mobili tarlati, pezzi del corredo matrimoniale e dei regali di nozze, passaggi di proprietà e successioni…soprattutto le agende che papà teneva dal 1973 al momento del suo ricovero in ospedale – quelle pagine bianche fino alla fine del 1986 hanno aperto una ferita chejettasngu per tutti i miei rimorsi nei suoi confronti -.
Anno per anno la scusa  era la contabilità familiare che vuoi per capriccio vuoi per passatempo, papà compilò minuziosamente. Sono appuntati anche gli avvenimenti importanti di quegli anni, dai “trapassi” ai ricoveri ospedalieri,alle visite sempre in ospedale ai paesani ammalati… e su tutti, per me importantissimi, annotava i suoi ritorni a Platì molto spesso per la Rocca e Roccudarocca, da dove proveniva l’olio che consumavamo. I viaggi molto dopo li poté fare in macchina, quando in casa comparvero le patenti, ma dapprima erano in treno e con le mitiche autolinee Panuzzo.
Durante queste mia lettura serale arriva Lisa dall’America, e Marilisa: “ Gino, senti, stavo pensando,   domani sono a Reggio, perché non vieni con me al ritorno per salutare la cugina, magari il giorno dopo te ne torni col primo autobus in partenza.
Dapprima mi aggrediscono i miei sensi di colpa per una negazione ma quell’idea del ritorno in autobus mi ringiovanisce. Lisa mi perdoni, il pensiero di rifare il percorso fatto molte volte per venire a Messina mi accende.
Ora le autolinee Panuzzo non esistono più, ma quel che più conta non esiste più il paesaggio,  che mi portavo dentro e, peggio, non esiste più quella tremarella che prendeva tutti quando l’autobus per arrivare a Bova Marina doveva doppiare quel capo a picco sul mare e non potendo due mezzi attraversarlo contemporaneamente in senso contrario faceva venire la pelle d’oca. E per la mamma
la crisi di vomito che subentrava, per cui partiva sempre con panni e asciugamani occorrenti per la bisogna.
Forse non esisto più io.



martedì 6 settembre 2011

L'uomo della croce (reg. Roberto Rossellini - 1943)


Il sacerdote Filippo Gliozzi morto a Natile il 19/03/1888
vi lascio immaginare quanto sono vecchie queste stampe  -ha qualcosa dello zio Ciccillo -

venerdì 2 settembre 2011

Lettere d'amore (reg. Martin Ritt - 1990)


Quando la mamma si chiamava Rina e papà Franco





Mia cara Rina
Sembra strano per manifestarti un sentimento s’amore, dover usare la penna. Io non me lo so spiegare e penso con ragione al tuo carattere che non ti vuoi spiegarti. Io son pienamente convinto che tu mi vuoi bene, ma però penso che il tuo bene non può arrivare al mio, per la ragione semplicissima, per me sono anni, dico anni, che il mio amore a dei battiti speciale per te, mentre in te sta nascendo  questo sentimento, ora è vero? Tu cara mia se ti sei accorto questo amore a me mi a assorbito, e vivo semplicemente per te. E una tua parola un tuo sorriso mi solleva e mi fa vivere in una voluttà indescrivibile. Io nei tempi passati prima che mi spiegavo, pensavo che se tu non accettavi questo amore per me non cera gusto di vivere per certo ti accorgi il periodo di fidanzamento che sarebbe, per gli altri i migliori tempi, per noi invece passano lenti, che ciò una rabbia che certe sere o i nervi  e come. Smetto perché non so se ò perduto il tempo a non potertela consegnare mentre ti mando pensieri e saluti cari accompagnati dun bacetto.
Dicendomi il tuo per sempre
Franco




Mia cara sorella
Forse, o senza forse, non ci riuscirò a scrivere su questo foglio tutto quello che ti vorrei dire perché le parole adatte a formularti gli auguri per tale circostanza mi ci trovo di più a ripeterle col cuore che con le labbra e il cuore tante cose sa più sentirle che esprimerle.
Mia cara Cata, non ti potrò accompagnare all’altare, come faranno le altre nostre sorelle, ma non per questo mi dovrai credere lontana, ché anzi ti sarò più vicina che mai. La prima visita, e la più bella, te la farò la mattina del prossimo giovedì alle ore sei: sai come? Coll’inviarti la Santa Comunione: poi durante il giorno ti seguirò col pensiero e con l’affetto. Nell’ora della cerimonia ti vedrò nel candore d’un velo, simbolo della tua anima pura, o mia buona sorella, e m’inginocchierò anch’io presso l’Ospite dei Tabernacoli per innalzare a Lui la mia preghiera implorante su te e sul tuo sposo le più elette benedizioni. La sera di quel giorno invece sarà meglio ch’io diverta ad altro il mio pensiero, per non dover pensare la casa nostra senza te: questo pensiero mi da una stretta al cuore e non voglio pensarci…
Saluti a tutti i vostri, a voi e a te sorella mia auguri di ogni bene.
Ti bacia col solito immutabile affetto la tua sorella
M.Gemma

Roma1/2/947

giovedì 1 settembre 2011

La montagna sacra (reg. Alejandro Jodorowsky - 1973)





A Polsi
La pia leggenda calabrese

Ode

Allora quando, di spineti densa
                                                  - covo selvaggio di selvagge vite -
regnava questo luogo inospitale
sola, la morte.
E dalle scorze degli acuti pini,
dai larici virenti e dai querceti
scendevan torme di silvestre ninfe,
di fauni e fate,
che qui, nel terso gorgoglio de l’acque
- sotto la fresca nostalgia de l’ombre -
  bagnavano le nere ed ondulate capigliature…
Allora appunto fu che ruppe, ansante,
tutto l’incanto d’una vecchia etade
il pio muggito d’un torello in fuga, lungo, sonante.
E con la forza di lunate corna,
- come se dentro l’iveitasse un nume –
dove le fate si posavan prima
scavò la terra.
Poi, quando apparve su la nera zolla
un Simbolo di Vita… il faticante
suo lavoro sospese e, riverente,
cadde in ginocchio.
E non è questa quella Croce apparsa,
ond’io mi spiro a favellar con lode
di quella gente che seguì le peste del pio torello?
Non è qui, forse,  dove apparve cinta
d’arcana luce, una Regina: quale
voi La vedete – e i secoli passati li tramandarono?
Una soave melodia da l’erme
cime dei monti si partì: le fate
intesero quel canto e sprofondaro tutte sottera!...
Sola regni Maria! Come l’eterna
giovinezza d’un popolo t’onora!
Come s’intreccia sulla tua divina fronte la lode!
Palpita ancora, dentro le pareti
di questa Chiesa, l’anima dei padri;
dei forti padri che la fede ardente rese felici.
E ti innalzaro nel profondo cuore
de l’Aspromonte, viride e possente,
una gentile, di bellezze onusta mite chiesetta
dove la massa dei fedeli scese
ebbra di fede, e risonaron queste
valli feconde di sonori canti soavemente.
Regina Maria! Di nostra gente orgoglio.
Ed or che intorno palpita la vita
                                                   - vita soave di speranze care –
tendi l’orecchio.
                                                        Quali clamori a Te portano questi
                                                       fili di ferro che le nevi intatte
sorvolano e Tu senti ed annuisci, Dolce Regina?
O, non è vero che fratelli tutti
ci vuol la Madre, onde ci stringe e lega
con questi fili e per sentir le preci di tutto il mondo?
Ed è per questo che le braccia tendo
a l’amplesso soave de l’Amore;
A tutti quanti non conosco ed amo
Dico: Salvete!

dalle Sacre Vette
Sac. Ernesto Gliozzi senior



nella foto scattata a Polsi, da sinistra: lo zio Ciccillo, il sac. Giuseppe Signati di San Luca, lo zio Ernesto senior, il canonico Paolo Malafarina di Gerace, l'arciprete Antonino Pelle, superiore allora di Polsi,  il canonico Don Antonio Gratteri di Gerace e lo zio Ernesto junior . Al centro lo zio Pepé (quando la classe non è acqua).
A me danno l'impressione di dei assisi sull'olimpo, non di sacerdoti, ed il loro candido messaggero.