O that a man
might know
The end of this dayes businesse, ere it come:
But it sufficeth, that the day will end,
And then the end is knowne.
William Shakespeare (1564-1616)
Platì 22 Giugno 1897
Stimatissimo Sig. Domenico
Scordo – Reggio Calabria
La presente vi sarà data dall’amico D. Peppe Zappia fu Filippo, il
quale verrà da voi per riceversi la somma vi ho regato darmi a mutuo e vi si
darà la cambiale firmata da questo mio nepote D. Filippo Oliva fu ( …?) Filippo
ed avallata da Amico Don Peppe Zappia e questa vi servirà di garenzia per la
sudetta somma di sedicimila.
Sono a servirvi e vi ossequio
Vostro aff.mo Amico
Francesco Oliva fu Arcangelo
Documento conservato nell’archivio di Luigi Gliozzi fu Francesco
NOTA - La missiva sopra riportata è la testimonianza della decadenza della più
importante famiglia platiese. Al contempo è anche la certificazione degli ultimi
atti dell’uomo il cui potere alle volte superò quello del padre Arcangelo,
anche in crudeltà. Quello che seguirà è la scellerata lotta fra i contendenti,
interni ed esterni la dinastia Oliva, alcuni già citati nella lettera. Misera
sarà la fine di uno stemma il cui potere rimpiazzò la famiglia Spinelli (e qui ricorro oltre che a Shakespeare a Samuel Barber). La
storia del Casato Oliva è ancora da redigere e i documenti non mancano, quello
che manca ancora è chi li svelerà, sebbene queste pagine abbiano cercato di compensare
a tale mancanza.
Un fremito di orgoglio sta scuotendo i promotori di quello che sarà un
evento che non prevede sequel: il Pasqualino
Perri Memorial Day. Gli organizzatori lavorano senza concedersi soste malgrado
l’estate non conceda rinfreschi di sorta. Soltanto un momento dell’evento si è
riusciti ad estorcere, la sfida all'ultima rima fra i giovani poeti platiesi. Data e luogo saranno comunicati non appena i promotori scioglieranno i dubbi fra chi dovrà sedere al
tavolo dei non pochi invitati.
Ettore Castagna è senza ombra di dubbio un One Man Show: legge, suona, canta, affabula. L’incontro con i
platiesi è stato per lui proficuo dal punto di vista del calore umano come da
quello delle vendite della sua ultima opera, la cui presentazione l’ha portato
ancora una volta in Platì. Il suo reading è anche stato supportato da rumori,
suoni e musiche che contribuiscono al coinvolgimento dello spettatore, da
quello avvezzo alla lettura come dall’occasionale passante. Chitarra, zampogna,
marranzano, flauto i suoi compagni di viaggio senza tralasciare la ridotta
illuminazione, la sminuita amplificazione unplugged e lo striminzito supporto
digitale. Compagni occasionali per la
riuscita della giornata sono stati, oltre il solito ronzio catalitico, una
fresca venticata discesa dall’aria du ventu e un’estemporanea
performance di Cicciu Musitano, alias fascista
in origine, bonificato in u ccinciu.
Last but no least il teatro dove l’evento si è realizzato: l’Asilo creato nei
primi anni 50 del secolo della bomba atomica per interesse dell’A.N.I.M.I.
nella sua figura principale, Umberto Zanotti Bianco. Entrare in
quell’incubatrice infantile dove monache vestite di nero luttuoso allevavano
bambini di tutto il ceto sociale platiese è stato un mancamento dell’anima e
della memoria: il refettorio/dormitorio, la fila di rubinetti del bagno per i
piccoli, le aule, il corridoio percorso dalla zia Annina per andare sposa allo zio
Pepè, la cappella dove avevano officiato lo zio Ciccillo e lo zio Ernesto. Per
tutto questo: GRAZIE ETTORE!
A causa della ciurramica sosta forzata ho dovuto optare per un'immagine d'altri tempi. Le foto della serata verranno in seguito, confidando nella vostra pazienza.
L' Associazione Entoculturale "Santa Pulinara" di Platì
presenta
Della Grecìa perduta
il nuovo libro
diEttore Castagna
edito da Rubettino
presso
la Scuola Materna
voluta da Umberto Zanotti Bianco
in via San Pasquale
ore 21,30
--------------
Un mondo fatto di fiumare, sole
cocente, spiagge e canneti, ripidi pendii, esseri umani ma anche spiriti
benigni e maligni, greggi e formaggi. Protagonista è l’Aspromonte grecanico ed
i suoi paesi: nel villaggio al centro della vicenda si possono riconoscere
tratti di Africo o Roghudi, ma anche di Platì o di Canolo. È la Calabria della
civiltà pastorale che è sempre cruda e crudele come i suoi governanti, siano
essi spagnoli o francesi, che si ricordano dell’esistenza degli agglomerati
umani solo nella repressione mentre la Storia distrugge le vite di alcuni
protagonisti o passa sopra la testa di altri senza conseguenze sulla loro vita
quotidiana. E poi: l’italiano misto al greco di Calabria e al calabrese; le leggende;
la Chiesa primitiva o anch’essa potere opprimente; la solidarietà e l’ostilità;
la musica degli strumenti e dei telai. Tutto questo e tanto altro troverete in
questi due libri da leggere uno dietro l’altro. Sanno di Calabria e di
Mediterraneo (di cui ricordano gli scrittori come Ben Jelloun), descrivono una
possibile realtà seicentesca e favoleggiano di misteriosi esseri ancestrali, “utilizzano numerosi elementi antropologici” ma “anche
molte invenzioni e ucronie” *. Sono:
“Del Sangue e
del Vino” e “Della Grecìa perduta” di Ettore Castagna, ed. Rubettino.
* -
in corsivo le parole dello stesso autore.
- confesso di aver dovuto cercare ucronia sul vocabolario Treccani:
ucronìa
s. f. [dal fr. uchronie (voce coniata dal filosofo
Charles Renouvier nel 1876), der., con u- di utopie «utopia», dal gr. χρόνος «tempo, periodo di tempo»], raro. –
Sostituzione di avvenimenti immaginari a quelli reali di un determinato periodo
o fatto storico (per es., la situazione europea se Napoleone avesse vinto a
Waterloo).
Testo e foto: Rosalba Perri
Immagini del Vecchio Mondo (in slovacco Obrazy starého sveta) è un più che originale documentario di un regista poco conosciuto: Dusan Hanák, semplici storie con al centro contadine e contadini
anziani usciti da un mondo già arcaico all'epoca della sua realizzazione. Vedendolo la mente è andata subito ad Ettore Castagna.
In apertura la Rocca del Drako nei pressi di Roghudi. Si ringrazia la Diocesi di Locri-Gerace per la gentile collaborazione.
Rosario Barbaro is also worthy
of a mention. He immigrated to Australia before the war (1939). He was a tailor
in Griffith NSW. He left behind in Platì his wife Maria and four children. He
was interned as a Prisoner of War and during his time in the camps made suits
for the Australian officers*.He later
moved to Adelaide, brought his family out to Australia in and opened a shop in
Melbourne Street, North Adelaide. He was much respected as a tailor and made
suits for dignitaries, judges, lawyers, and parliamentarians as well as members
of Italian community. I also believe he may have trained Joe Ielasi in the
craft. Joe respected him and often told us what a remarkable tailor Rosario
was. Many people who had suits made by him would say he was like an artist because
his suits were so perfectly made and fitted that they seemed painted on the
client.
Rosario had a beautiful
singing voice and sang in the choir at St Laurence Church at North Adelaide. He
also belonged to the Brotherhood of St Laurence a group that did a lot of
charity work in the community.
Maria, Rosario’s wife, often
told what a generous person he was. One day he saw a man walk pass the shop
that looked poor and destitute. It could well be he had noticed this man before,
but this day Rosario invited him in the shop, and he dressed him from top to
toe in new clothes and a suit. He called his wife Maria in the shop and she said
“Well done, but there is a problem: what about his shoes? He has no shoes!”
That was no problem to Rosario got a pair of his own shoes and gave them to the
man. In another occasion he gave food to a distressed neighbour, Mr Marcano, who
had recently migrated and did not know that at the time shops were closed on
weekends. They became very good friends.
He died at the age of 45 in 1955 due to health issues and left behind his
wife with four young children which were born here in South Australia, the
youngest being a year old, and the four older siblings who were born in Italy and
had married
Kind Regards
Lisa Barca**
* – in fact he spent only 4 months in the
camp as he was released on parole probably thanks to his ability in tailoring.
** - Lisa is the niece of Rosario’s wife
Maria and is married to a grandchild of Rosario.
Ciao
Rosalba, ho letto il post sui sarti italiani ad Adelaide.
Sarebbe
degno di menzione anche Rosario Barbaro. Emigrò in Australia prima della guerra
(1939). Si stabilì a Griffith nel NSW dove esercitò il mestiere di sarto. Aveva
lasciato a Platì la moglie Maria e quattro figli. Fu internato come prigioniero
di guerra ed in quel periodo cucì abiti per gli ufficiali australiani*. Si
stabilì poi ad Adelaide dove richiamò la famiglia e aprì un negozio in
Melbourne Street a North Adelaide. Era molto rispettato come sarto e confezionò
abiti per dignitari, giudici, avvocati e parlamentari come pure per i membri
della comunità italiana. Credo sia stato il maestro di Joe Ielasi nell’arte
della sartoria. Joe ne parlava sempre con rispetto dicendo che era stato un
sarto eccezionale. Molti di coloro che si erano rivolti a lui per un abito
dicevano che era un come un artista perché i suoi completi erano fatti così
bene da sembrare dipinti addosso al cliente.
Rosario
aveva una bella voce intonata e cantava nel coro della Chiesa di San Lorenzo in
North Adelaide. Faceva anche parte della Confraternita di San Lorenzo che si
occupava di beneficenza.
Sua
moglie Maria raccontava spesso di quanto fosse generoso. Un giorno vide un uomo
dall’aspetto miserevole passare davanti al suo negozio. È probabile che lo
avesse notato in precedenza, ma quel giorno lo invitò ad entrare in negozio e
lo rivestì da capo a piedi. Chiamò la moglie che gli disse: “Ben fatto, ma c’è
un problema: e le scarpe? Non ha scarpe!” E Rosario ne prese un paio delle
proprie per darle all’uomo. In un’altra occasione rifornì di cibo un vicino, il
Sig. Marcano, che era arrivato da poco e non sapeva che i negozi a quel tempo
erano chiusi nei fine settimana. Diventarono ottimi amici.
Morì
all’età di 45 anni nel 1955 a causa di problemi di salute lasciando la moglie,
quattro bambini piccoli, l’ultimo di appena un anno, ed i quattro maggiori nati
in Italia e già sposati.
Tanti saluti
Lisa Barca**
* – in
effetti Rosario rimase nel campo di internamento solo quattro mesi, fu
rilasciato sulla parola forse proprio grazie alla sua arte di sarto.
** - La
moglie di Rosario è zia di Lisa, mentre Rosario è il nonno di suo marito.
I’m that mountain peak
up high. Bonnie "Prince" Billy
SEMBRA
UN GIGANTESCO MONUMENTO A GIUSEPPE GARIBALDI
IL MASSICCIO DI PIETRA-KAPPA
SULLA CRESTA D’ASPROMONTE
Intorno a questa strana suggestiva roccia
si sono intessute in ogni epoca svariate leggende
Platì, 5 gennaio
Sull'estremo tratto della cresta selvosa d'Aspromonte si eleva contro
il cielo il massiccio di Pietra - Kappa. La roccia erompendo gigantesca dalla
selvaggia asimmetria dei nostri monti crea una nota caratteristica al paesaggio;
sembra un gigantesco monumento scolpito dal tempo a Giuseppe Garibaldi.
Infatti, vista da val-
le la roccia presenta stranamente e nitidamente il profilo dell'eroe
dormente.
Forse per la stranezza della
posizione topografica intorno a questa roccia si intesserono in ogni epoca le
più svariate leggende, alcune delle quali sono narrate dal Perri in Racconti d'Aspromonte>>.
Immaginosa ed
arguta, schietta espressione del classico «Humour» della nostra gente -
è quella che si riferisce alla sua origine:
Era il tempo in cui Gesù e i suoi discepoli vagavano per la Calabria; -
sebbene la storia non lo dica, Gesù venne anche in Calabria - (vedi opera
citata del Perri). Una sera, ai piedi di un colle, il Divino Maestro propose
alla comitiva di fare la salita portando addosso una pietra ciascuno; i
discepoli accettarono di buon grado; ma San Pietro bofonchiò alquanto obbedì a
modo suo: mentre gli altri arrancavano per l'erta sotto il peso di grosse
pietre, lui li seguì allegra-mente con in tasca un sassolino non più grande di
una nocciola;
Quando furono in cima alla salita, il Signore benedisse le pietre
tramutandole in pane fragrante: inutile dire che S. Pietro dovette
accontentarsi di un panino microscopico. Ma la lezione gli giovò:
L’indomani a un tratto Gesù rivolse ai discepoli lo stesso invito del
giorno prima: S. Pietro, senza farselo dire due volte, abbrancò un macigno
pesantissimo, se lo mise sulle spalle e arrancò dietro i suoi compagni sudando
e sbuffando. Quando furono arrivati a destinazione posò il masso a terra e
aspettò pregustando enormi fette di pane.
Figurarsi come rimase quando Gesù non solo non benedisse le pietre, ma
invitò i discepoli a sederci sopra!!
Rimase tanto male che espresse al Maestro un desiderio: che quella
pietra non si muovesse più dal luogo dove lui l’aveva posta. E il Signore
l'accontentò: a un suo cenno la pietra si mise a gonfiare e gonfiò tantoda assumere le proporzioni che ha tuttora.
E- continua la leggenda narrata dal Perri - San Pietro, quando divenne
custode del Paradiso utilizzo la pietra chiudendovi dentro Malco, (il soldato
che aveva schiaffeggiato Gesù nel Sinedrio) e condannandolo a schiaffeggiare in
eterno le pareti della roccia;
A qualcuno sembrerà strana questa leggenda, non foss'altro che per lo
strano ruolo assegnato a S. Pietro; ma per noi calabresi e normale guardar S.
Pietro sotto questo suo aspetto. E può ben saperlo chi ha letto l’opera citata
del Perri.
Secondo un'altra leggenda la roccia fu messa lì dal Padreterno per
otturar il buco attraverso il quale, il «Faccibestia» (Lucifero in Calabria ha
questo efficacissimo nome) fu spedito nell’inferno. Rimase però una fessura: a
cui corrisponde nella roccia una grotta: La cosiddetta «Calara del Faccibestia».
Questa era in origine un antro pauroso che nessuno mai s'era rischiato esplorare;
ora però l’interno è in parte franato e nel vasto ingresso si rifugiano
volentieri nelle tempeste i pastori unici abitatori della montagna.
Secondo altra leggenda ancora l’origine della grotta fu un’altra: Una
volta ai piedi di Pietra Kappa il «Faccibestia» custodiva un tesoro: chiunque
avesse voluto impadronirsene doveva prendere l'oro rimanendo all’impiedi: nel
caso che si fosse piegato perdeva il viaggio e la vita;
Molti fecero questa fine; finché un giorno, un certo Leone Fera (che si
dice sia stato il fondatore di Platì) non decise di tentare l’impresa:
procuratosi un paio di scarpe larghissime s’incamminò alla volta di Pietra
Kappa; arrivato a destinazione le infilò e guardando in faccia il Diavolo allungo
prima un piede poi un altro dentro il mucchio dell’oro. Le monete scivolarono
dentro le scarpe e le riempirono; Leone Fera se ne tornò fischiettando a casa e
Lucifero per la rabbia d’essere stato fregato se ne tornò nell'inferno
dimenticando la porta aperta.
Molte altre leggende si raccontano, che prendono lo spunto da queste; a
scriverle tutte ci sarebbe da farne un libro. E gli antichi vi credettero
ciecamente: la drammatica solitudine di Platì nei secoli passati era
necessariamente popolata di fantasmi.
Oggi invece qualche moderno preferisce arrampicarsi ogni anno sulla
sommità della roccia che è coperta da uno strato di terra e seminarvi il grano;
ma chissà che a volte nella paurosa solitudine della montagna non tenda
l’orecchio terrorizzato e non oda, soffocati dall'urlo del vento, gli schiaffi che
il povero Malco somministra instancabile alla Roccia.
Michele Fera
GAZZETTA DEL SUD 6 gennaio 1955
Gli scatti d'apertura sono di Salvatore Carannante