A seguito della precedente, visionaria, pubblicazione, ecco ora una
breve esposizione delle opere suggerite. Le prime tre sono episodi stagionali
di due serie televisive: l’anglosassone Black
Mirror e la nipponica Sion
Sono’s Tokio Vampire Hotel. Devo
ammettere che a dispetto della provenienza sono godibili, a legarle insieme è
lo spirito social-politico che le avvicina illustrando esse il marciume e le
basse pratiche dell’odierna classe dirigenziale, comune in ogni angolo del
globo. Il film di Steven Soderbergh Unsane, confezionato come un thriller a
sfondo psycho va a pescare nel
torbido dell’assistenza sanitaria americana. Soderbergh, che è sempre stato uno
con la mente rivolta al futuro, lo confeziona servendosi di un Iphone e
dell’uso frequente del fisheye. Il tema di The
Tale di Jennifer Fox è quello degli abusi sui minori; senza inibizioni la
regista, per mezzo dei volti di Laura Dern e della piccola Isabelle Nèlisse
svela quelli da lei subiti nella prima adolescenza evitando di intorbidirlo
come usano molti registi preda dei mega festival.
Nostalgia
di Mark Pellington. Al centro del tutto.
Il titolo è fuorviante perché ci porta alla mente l’ultimo capolavoro
di Andrei Tarkovskij. Ma con il regista russo non ha niente in comune, essendo
quella di Tarkovskij una nostalgia della patria, ricordata da lontano, alla
Puskin. In comune invece i suoi intendi
c’è l’ha con le pagine di questo blog, trasfigurando uomini, ricordi, foto,
pezzi di carta, mobilia, macchinari vintage. Essi non sono altro che nostalgia
di un tempo e persone che furono con noi e prima di noi. Ma c’è ancora, il
distacco feroce e subitaneo che ci colpisce, inesorabilmente, nei momenti della
vita. Ed è bello rivedere invecchiati bene Bruce Dern, padre della citata Laura,
e Ellen Burstyn. Qui val la pena consigliarvi di leggere Museo d’ombre di Gesualdo Bufalino.
Mean Dream di Nathan Morlando: grande cinema americano con i
paesaggi dell’Ontario, avvertendo in esso le pagine dell’ultimo, più grande,
scrittore, Cormack McCarthy. Quello che nasce da Villain di Lee Sng-il è una violenza del tutto inedita,
quotidiana, che pervade i protagonisti, la società. Ne consegue una perdita dei
valori tradizionali per abbracciarne altri adottati dai nuovi mass media. Che
cosa succederebbe se venissero a mancare dal modo l’amore, il cinema, il
telefono, l’amicizia … i gatti. Domande solo da porsi in punto di morte? Le risposte
sono in If Cats Disappeared from the
World di Akira Nakai. Radiance di
Naomi Kawase: come raccontare il visibile a chi la vista non l’ha mai avuta o
l’ha persa? Come descrivere le immagini, la natura, un tramonto, ad un
fotografo che la vista la sta perdendo? In
the Crosswind (Risttuules)
di Martti Helde: tanti lunghi travelling all’interno
di attori fissati alla profondità di campo dell’immagine, una
storia dove la vittima è una deportata in Siberia, moglie e madre. November (Rehepapp), Andrus Kivirahk si cimenta a rifare il più cupo e
terroristico Ingmar Bergman – animismo, primordiali credenze, rituali magici,
metafisica - con l’odierna tecnologia e gli effetti speciali. Lo si poteva
chiamare L’ora del lupo senza per
questo offendere l’autore svedese.
FINE
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