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mercoledì 9 agosto 2017

Noi Lazzaroni - Il Maestro


E dire che se fossimo rimasti qui tutti noi giovani e ci avessero dato lavoro e gli strumenti necessari, avremmo creato di questa terra il più bel giardino del mondo. Basterebbe costruire bacini per irrigare i campi: potremmo fornire agrumi e ortaggi a tutta l’Europa, e olio e vino; profumi e latte e miele. Invece ora è tutto abbandonato a se stesso.

A pensare la vita di anime morte che abbiamo vissuta, provo l’impulso di urlare. Non c’è stato un cane che ci abbia dato una mano, che ci abbia indicato una strada. Abbiamo dovuto fare tutto da noi: svecchiarci, trovarci una sistemazione, diventare uomini di oggi mentre eravamo vecchi di mille anni. Abbiamo creato benessere, abbiamo introdotto nuovi fermenti in questo mondo decrepito. Tutto abbiamo fatto noi,tutto è uscito dalla nostra pelle. Potremmo cantare vittoria a gola aperta dal piacere di aver vinto nel breve giro di vent’anni … Ma quei brutti giorni, interminabili, scuri come la pece, sono dentro di noi.

Saverio Strati, Noi Lazzaroni, Arnoldo Mondadori Editore, 1972


NOTA: Penso che, a dispetto delle citazioni, il libro di Strati, come le riflessioni e, peggio, la scrittura, siano invecchiati. Sarebbe giusto chiederne conto agli interessati soggetti del libro, gli emigranti, dal momento che si trovano in vacanza nelle loro contrade in festa; e forse, su tutto, ci starebbe bene un convegno sull’attualità di Strati: del suo narrare, del suo evolversi (se c’è) dopo tanto tempo.
Nella foto la famiglia della zia Iola, sposata Tripepi, in Mishawaka e dello sceneggiato, cui riportano le note, vorrei ricordare il grande Mico Cundari.

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