Mesi or sono
avevo accompagnato da queste parti due signore svedesi che s’interessavano ai
tessuti popolari calabresi: (quando) … m’accorsi che la più giovane s’era
fermata a mezza costa.
Tornato
indietro la vidi immobile dinnanzi all’ immensa distesa azzurra del mare.
- E’ stanca?
– le gridai – vuole che ci fermiamo?
- Oh no! – mi
rispose alzando come a respingermi, la mano aperta – lasciatemi qui, signore.
Voglio respirare l’aria che hanno respirato li Greci Magni!
Umberto Zanotti Bianco 1921
Atre
volte si è solo citata la figura del personaggio che oggi vogliamo celebrare.
Altari e devozioni non servono, pur servendo non bastano, e i ministri
nell’atto celebrativo ricorrerebbero a vuote frasi di circostanza per
concludere riconoscendo ad altri il progresso raggiunto nei nostri luoghi.
Parliamo di Umberto Zanotti Bianco. Il paese di Platì per la sua crescita, che
voleva cominciasse dall’infanzia, ha beneficiato del suo contributo con gli
aiuti per la fondazione dell’asilo d’infanzia.
La
prima Calabria Ultra Umberto Zanotti Bianco la percorse in lungo e in largo, a
piedi molto sovente, a dorso di mulo quando le autorità mettevano a
disposizione i mulattieri. Oggi sono in molti a riconoscergli virtù che lui
forse no sapeva di possedere. Col senno di poi gli sono intitolate vie, piazze,
edifici. Ma gli ostacoli dei dirigenti locali e le difficoltà giornaliere che
doveva affrontare sono taciute. Erano anni in camicia nera. La volontà di
riscatto per le nostre terre in lui era ben salda e correva veloce anche per
merito della sua intelligenza che talvolta avvolgeva di salubre scaltrezza.
Basta! Attraverso la Rete potete approfondire meglio la sua figura e le sue
strategie.
Quello
che interessa è porre l’accento su un’ulteriore dote del nostro: la scrittura,
grazie ad un libro, dono di Francesco di Raimondo, Tra la perduta gente del 1959. Attraverso le sue pagine sono giunto
alla conclusione che con l’imitare i sentimenti e la sensibilità, ben salde con
l’azione, che conduceva Zanotti Bianco si può portare avanti la volontà di
riscatto che tutti sogniamo. Se la sua opera meritevole è descritta nei brani
relativi ai soggiorni in Calabria, nei restanti racconti egli ci svela il suo
carattere umanitario: nella Grande Guerra, nella Russia all’alba della rivoluzione,
col soccorso ai profughi armeni fuggiti dalle orde turche di Kemal. E’ una prosa
che va da Guerra e pace a I Malavoglia come usciti dalla penna di
Antonio Fogazzaro. Solitario sotto le stelle, operoso e meditativo come il
principe Bolkonskij, nel suo trascorrere il tempo ai piedi dell’Aspromonte
egli ci descrive le vere anime nere,
che potevano essere i poveri o quelli che gestivano il potere per conto di chi
stava a Roma. Soprattutto ci consegna un territorio e un popolo arcaici,
indietro nel tempo prima che la Cassa per il Mezzogiorno e successivamente la
Comunità Economica Europea iniettassero somme di denaro i cui fini erano solo
elettorali, a beneficio di pochi e a danno del territorio inteso come suolo da
proteggere e curare con opere di tutt’altro genere, per il benessere di chi vi
abita.
Bravo Gino
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