L’anno mille novecento quindici, il giorno 14 del mese di Ottobre, in
Platì, in una sala del Palazzo Comunale.
In seguito alle savie disposizioni del Governo, si costituisce in Platì
un Comitato di Assistenza Civile, allo scopo di portare alla grande causa
comune il contributo delle energie di questa popolazione, non seconda ad alcuna
nello spirito di solidarietà e di patriottismo.
Il Comitato viene composto dei Signori: Aricò Domenico, Ragioniere Capo
di Prefettura, Commissario Prefettizio – Sig.r Cioni Attilio, Maresciallo dei
R. R. Carabinieri – Portolesi Francesco, Segretario Comunale – Dottor Zappia
Filippo, Medico Condotto – Fera Rosario, Insegnante Elementare e dal Sacerdote
Ernesto Gliozzi.
Il Commissario rag: Aricò, che viene acclamato Presidente del Comitato,
rende ostensiva ai convenuti la circolare ministeriale, in cui s’invoca la
cooperazione di tutti e di ciascuno nell’aiuto sia dell’esercito che combatte
strenuamente sulle porte della più grande Italia, sia per le famiglie dei
richiamati che vivono nel bisogno e nell’ansia. E’ un dovere quindi – conchiude
– dimostrare alla Patria nella solennità e del momento, quanto abbiamo in noi
di nobile e di generoso.
Affidate le cariche del Cassiere al Dottor Zappia e quella di
Segretario al Sacerdote Gliozzi si propone di eseguire una sottoscrizione mensile
tra gli abbienti del paese e la requisizione
di lana, per gli indumenti dei soldati.
Il Presidente informa che, come fondo di cassa, il Comitato dispone
della somma di lire trecento quarantacinque di cui L. 300 elargite dal comune e
L. 45 residuo di una sottoscrizione.
Dopo di che il Presidente esorta tutti a voler lavorare con amore per
il bene e per la grandezza della Patria, che vede nell’unione dei suoi figli,
la forza e la certezza di vincere, la speranza e la gloria dell’avvenire.
Si chiude la prima seduta del Comitato con una tacita promessa di
ognuno e col saluto alla Patria e al Re.
Giunti a metà del cammino, Maria gli disse: - Fammi scendere
dall'asina, perché quello che è in me mi fa forza per venire alla luce.
Egli la fece scendere dall’asina e le disse: - Dove ti
condurrò per nascondere questa tua sconvenienza? Qui il luogo è deserto.
Ma trovò là una
grotta e ve la condusse dentro,
lasciando presso di lei i suoi figli, ed egli usci a cercare una levatrice
ebrea nel paese di Betlemme.
E io Giuseppe stavo camminando, ed ecco non camminavo più.
Guardai per aria e vidi che l’aria stava come attonita, guardai la volta del
cielo e la vidi immobile e gli uccelli del cielo erano fermi. Guardai a terra e
vidi posata li una scodella e degli operai sdraiati intorno, con le mani nella
scodella: e quelli che stavano masticando non masticavano più, e quelli che
stavano prendendo del cibo non lo prendevano più, e quelli che stavano portandolo
alla bocca non lo portavano più, ma i visi di tutti erano rivolti in alto. Ed
ecco delle pecore erano condotte al pascolo, e non camminavano, ma stavano
ferme; e il pastore alzava la mano per percuoterle col bastone, e la sua mano
restava per aria. Guardai alla corrente del fiume e vidi che i capretti
tenevano il muso appoggiato e non bevevano;
e insomma tutte le cose, in un momento, furono distratte dal loro corso.
Dal Protovangelo di
Giacomo, Einaudi Tascabili, 1969
Fino a pochi anni indietro, nel paese, l’immaginetta di sopra era
ancora visibile sulle vecchie porte delle vecchie case. Era stata incollata
negli anni della mia infanzia per la novena di natale e serviva da segnale di
sosta per il trio musicale che faceva il
giro del paese nel buio dell’alba. Ovvio che quella sosta era stata
precedentemente rimunerata, ma davanti la nostra putiga (bottega) papà offriva loro un bicchierino di anice, e la
tonalità su cui era eseguito Tu scendi
dalle stelle passava dall’andante bachiano al moto con brio vivaldiano.
Ricordo che la persona che aveva incollato le immaginette era la stessa a capo
del trio, o quartetto; veniva da fuori e nei miei ricordi,fissati in quel tempo
come il racconto di Giacomo protovangelista, era il sacrestano che sostituiva
Micuzzu, allora migrante come i magi di Sergio Citti.
O
Dio creatore del cielo e della terra, che hai dato alle piante e alle erbe di
produrre produrre frutti a nutrimento dell’uomo, benedici questo luogo
destinato alla loro distribuzione e tutti i suoi gestori, perché
nell’osservanza dei tuoi comandamenti abbiano salute, prosperità e pace nel
corpo e nello spirito.
Se
non ci si riferisce all’archeologia dei
paesi assetati, alle difficoltà delle popolazioni nel reperire acqua
potabile, alla centralità dell’acqua per la produzione agricola, alla sacralità
dell’acqua nella storia calabrese dal periodo magno greco all’epoca moderna,
non si comprende la religione dell’acqua
delle popolazioni e la particolare nostalgia delle persone in viaggio.
PLATI’ Comune
(ab. 5.120) della provincia di Reggio di Calabria, composto da Platì (3,692) e
dalla frazione Cirella (1.428), con popolazione suddivisa in Platì (3310), Scuole
(79), e case sparse (303); Cirella (872), Gioppo (81) e case sparse (ab. 475).
Il territorio - kmq. 50.01 - confina con quelli dei Comuni
di Ardore, Benestare, Careri, Ciminà, Oppido Mamertina, Santa Cristina d'Aspromonte,
nel versante nord-occidentale dell'Aspromonte alle falde della ripida fiancata
del Montalto nello spartiacque appenninico. L'abitato, al di sotto dei piani di
Zarvò si stende sulla sponda sinistra della fiumara 'detta di Platì, a 300 metri
sul livello del mare, a 105 chilometri da Reggio di Calabria, cui è collegato
per la strada nazionale 112. .
Si vuole sia stato fondato nel 1557 da Pietrantonio Spinelli
per ragioni agricole. Fu feudo della stessa famiglia Spinelli Principi di Cariati
Nel 1783 fu quasi distrutto dal terremoto.
Per l'ordinamento amministrativo disposto nel 1799 dal
generale Charnpionet, Platì venne considerato autonomo ed assegnato nel cantone
di Roccellla. I francesi, per la legge 19 gennaio 1807, lo considerarono
Luogo, ossia Università, nel cosiddetto Governo di Ardore.
Per il riordino disposto per decreto 4 maggio 1811, istitutivo dei Comuni e dei
Circondari, venne compreso tra i primi, sotto il nome di Mottaplatì, gli venne
aggregata la frazione di Cirella, e venne mantenuto nella giurisdizione di Ardore.
Per decreto 13 marzo 1831 gli veniva aggregato l'allora soppresso Comune di Natile
che veniva ricostituito autonomo per decreto 18 luglio 1836.
Platì è paese ad economia agricola con prevalenza zootecnica.
Modesta è la produzione di frumento, frutta, uva, fagioli, patate e castagne.
Nel territorio si trovano giacimenti di pietra calcarea e di granito. L'emigrazione
è volta verso i paesi dell'Europa occidentale, delle Americhe e dell'Australia.
In passato vi si allevava il baco da seta.
La popolazione attiva assomma a 2.005 unità di cui 1620
addette all'agricoltura, ed impiegate in 674 aziende a conduzione diretta e in 71
con salariati od a compartecipazione, 1 con altra forma di conduzione; 110
addette all’industria; 117 alle costruzioni; 58 al commercio; 23 ai trasporti;
3 alle assicurazioni ed al credito; 36 ai servizi; 38 alla pubblica amministrazione.
Scolari e studenti sono 546.
Alla fine del settecento contava 1.295 abitanti; 2.128 nel
1815; 1.914 nel 1.825; 2.453 nel 1849; 2.354 nel 1861; 2.368 nel 1871; 2.472
nel 1881; 4.706 nel 1901; 5.173 nel 1911; 5.578 nel 1921; 5.763 nel 1931; 5.791
nel 1936 e 6.200 nel 1951.
La vita politica può essere sunteggiata dai risultati nelle
competizioni elettorali dal 2-VI-1946:
Referendum: Monarchia 1.933 - Repubblica 691 - non val. 108
Sono nati a Platì: Domenico Fera, oratore sacro (1783-1856);
Domenico Zappia, scrittore di medicina (1806-1904); Eberto Vincenzo Zappia,
letterato (1861-1928).
Al Risorgimento hanno partecipato: Pasquale e Rosa Miceli;
Domenicantonio, Ferdinando e Giuseppe Mittica; Domenico Vergara; Tommaso
Zappia.
È in Diocesi di Gerace - Locri. La Parrocchia è intitolata
Santa Maria di Loreto. La Patrona, Madonna di Loreto, viene festeggiata nella
terza domenica di agosto. Le Suore Figlie della Divina Provvidenza
vi tengono Asilo e Scuola di lavoro. Fiera dal venerdì alla
domenica della terza settimana di agosto.
Carabinieri. Pretura ed Ufficio del Registro ad Ardore;
ufficio Imposte a Bianco; Tribunale a Locri; Stazione ferroviaria a Bovalino,
km. 82.
Scuola media.
Gli abitanti son detti platiesi.
BIBL.: G. M.
Alfanomo, ed. 1798, p. 108;_BSCF, A. 1809, VIII, 162; U. Caldora, Calabria napoleonica, 428; G. CINGARI, Giacobini ecc., 318; L. Izzo, 331; N.
Leoni, I, 105; J. MAzzoleni, Fonti ecc.,
431; A. OPPEDISANO, Cronistoria ecc.,
277 a 279, 390 a 393, 595; F. SACCO, III, 102.
Home is where I want to be, Talking
Heads
NB
Le fotocopie in alto col relativo testo le ho trovate tra i
documenti in possesso allo zio Ernesto, il giovane e sono tratte da: Gustavo Valente, DIZIONARIO DEI LUOGHI DELLA CALABRIA, Ed.Cassa di Risparmio di Calabria e Lucania, 1973