Così come qualsiasi paese italiano sarebbe incompleto senza la
piazzetta in cui convergono le sue strade e dove il commercio pulsa al suo massimo ritmo, ogni cittadina che si
rispetti fa in modo di possedere un giardino pubblico per il diporto serale dei suoi abitanti. Sono quasi
tutti assai graziosi e nessuno è più delizioso di quello di Messina, adorno di palme azzimate, di aiuole
fiorite e di labirintici vialetti innaffiati da poco. Quella sera, furtive brezze dal mare rinfrescavano l'oasi
illuminata a festa. Mentre mi accingevo a sedere vicino al palco della banda, guardando passeggiare la gente,
calcolai che ci dovevano essere non meno di trentamila persone. Una
folla ordinata e ben vestita. Potremo anche sorridere quando ci dicono che questa gente si toglie il pane di bocca per vestirsi decentemente,
ma devo ammettere che, per un estraneo, l'effetto è quello che dovrebbe essere.
Anche i monelli, che correvano rumorosi tra la folla, avevano un'aria di felice
prosperità, assai diversa dalla miseria del nord coi suoi visetti pallidi e la
sua denutrizione. E come si accordano bene le sensuali melodie italiane con l'ora e con
la scena! Suonavano, se ben ricordo, la sempre popolare Aida; poi seguirono
altri pezzi più ambiziosi: una rapsodia ungherese, Berlioz, una selezione Wagneriana. << Musica filosofica ›› osservò il mio vicino, alludendo al
compositore tedesco. Era un uomo magro e asciutto sulla sessantina: un viso
abbronzato, militaresco, segnato dal dolore. «Non va in Sicilia›› soggiunse.
«Ma non crediate con questo che non apprezziamo i vostri pensatori. Leggiamo e
ammiriamo il vostro Schopenhauer, il vostro Spencer. All'Opera di Napoli danno
discrete edizioni di Wagner. Ma . . .››
«Il clima?››
«Esattamente. Ho viaggiato molto, signore; e conoscendo Berlino e
Londra e Boston, ho potuto osservare come la nostra architettura italiana appaia stonata sotto i vostri
cieli grigi e come suoni male la nostra musica fra i complicati congegni della vostra vita artificiosa. È stato
il vostro clima a rendervi tanto seri e a far si che prendiate seriamente anche i vostri svaghi. Per noi, la
musica è rimasta quella che era nei tempi antichi: uno sfogo dell'anima in una notte estiva. Suonano bene, questi
ragazzi. Anche Palermo ha una buona banda . . . Ah! quel recitativo è un po'
troppo veloce!››
«Il signore è musicista?››
«Sono proprietario. Ma adoro la musica e, da giovane, mi illusi di
poter diventare violinista. Ora, invece guardate !» Stese la mano rattrappita. «Reumatismi».Li ho qui, e qui»
proseguì, indicando varie parti del corpo, «ed anche qui! Ah, questi dottori! I bagni che mi hanno fatto
fare! E poi medicine, unguenti, linimenti-un'intera farmacia! Ora posso appena
trascinarmi, e senza l'aiuto di quei due cari ragazzi, anche questo innocente svago mi sarebbe negato. Sì, sono miei nipoti . . .
orfani» soggiunse, seguendo la direzione del mio sguardo.
Sedevano alla sua sinistra - due bei ragazzi che non parlavano né
troppo, né troppo poco. Di tanto in tanto, si alzavano insieme e passeggiavano tra la folla per sgranchirsi
le gambe, ritornando dopo pochi minuti accanto allo zio. Gli occhi del vecchio
seguivano ogni loro mossa.
«Se mio fratello minore fosse vissuto, ne avrebbe fatto degli uomini»
osservò.