Powered By Blogger

mercoledì 13 febbraio 2013

e intorno a lui fu la morte (reg. León Klimovsky - 1968)


L’ultima visita che ho fatto a mio fratello a Casignana fu il giorno 7 Luglio 1948 mercoledì = il giorno successivo son ritornato. Durante questa visita l’ho trovato alquanto bene nella salute così che son ritornato di buon animo. Così non pensavo che fra un mese e mezzo circa dovevo ritornare e trovarlo così mal’ andato con salute deperito orribilmente.
Così il 20 agosto Venerdì siamo andati con Giuseppino e Iola per portarlo qui. Ultimo distacco da Casignana. Qui per due tre giorni abbiamo avuto il bene di vederlo alzato dal letto e pranzare assieme a noi , ma la sventura non volle, e di giorno in giorno andava deperendo non ostante le cure di Giuseppino e della famiglia così si mise a letto nella … di giorno in giorno non riusciva da se a muoversi sulla posizione in cui si metteva. Il 5 settembre fu visitato da uno specialista da Reggio ma nulla giovava. Il giorno 12 verso le ore 7 mi allarmò era quasi svenuto tanto da allarmare tutti e mandare a prendere Ernesto e Malia da Samo e Ciccillo e la zia da Casignana. Così poi ci sembrò quetata la crisi tanto che la sera parlava bene e  ci raccontava delle cose per tenerci contenti  = Calando i dolori acuti di cui soffriva.
Ma aimè dopo alcuni giorni a stento prendeva dei cibi = ma non ostante tornava la speranza di un miglioramento
Quando il venerdì 24 settembre fu colpito da bronchite che speravamo passarla anche questa ma lo stato di debolezza non cessava, la sera non volle nulla poi ha chiesto un po di brodo che gli fu dato.
La notte passava affannoso verso le quattro gli domandai come si sentiva e come al solito mi rispose sto meglio gli dissi se vuole qualche cosa e mi rispose
 Non voglio niente vai a dormire
Così mi allontanai, se non ché l’affanno continuava abbiamo dato un …. Ma dopo pochi istanti disse mi sento … sollevatemi  Quando si trovava sollevato pareva che volesse fare qualche bisogno sforzandosi a alzò la testa gettò un boccone di medicina e spirò. Così morì il 25 IX alle ore 4 1/2
Lascio a chi ha cuore per osservare il dolore avuto vedendo quasi improvvisamente.
Pace all’anima sua benedetta.

Con una scrittura a volte indecifrabile per me, questi appunti di nonno Luigi rivelano l'affetto, l'amore e la compassione oggi spazzate via dalle nuove generazioni. Non mi stancherò mai di ripeterlo e lascio a chi leggerà ogni considerazione.

martedì 12 febbraio 2013

Palla di neve (reg. Maurizio Nichetti - 1995)




zio Ciccillo, zio Ernesto, zia Amalia, Pina, Duccio, Maria e ...
la seicento


lunedì 11 febbraio 2013

Mediterraneo (reg. Gabriele Salvatores - 1991)




Argirocastro, 10 luglio 1942 xx

Mamma mia cara,

solo oggi ho ricevuto il tuo biglietto dell’11 giugno e non ti nascondo che le tue parole mi hanno fatto venire le lacrime. Mi dici che mi sono allontanato dall’Italia per venire in un altro regno senza venire a casa per abbracciarti. Tu credi che ciò sia dipeso dalla mia volontà? Tu non sai con quanto dispiacere sia partito senza averti potuto rivedere prima della partenza. Ma come facevo a venire se l’ordine d trasferimento è venuto dalla sera per la mattina? Però tu esageri dicendo che ti pare di non vedermi più. Perché dici questo? Sono in guerra forse? E se anche lo fossi, perché non dovrei ritornare? D’altronde non credere che io sia tanto lontano da casa. Pensa che se non ci fosse il mare per lo meno, sarei più vicino di prima. L’unico inconveniente è appunto il mare e per questo non si può venire in licenza tanto spesso. Ti giuro che qui sto meglio di come stavo in Italia. Al campo, in Italia, dormivo sotto la tenda e qui invece ho un magnifico lettino con materasso, lenzuola pulitissime, cuscini e coperte. Il rancio è ottimo sotto tutti i punti di vista ed i superiori mi vogliono tanto bene quanto mi volevano quelli di prima. C’è specialmente un tenente albanese che è addirittura entusiasta di me. Vedi dunque che io non soffro affatto qui? Poi, ogni domenica, vado a messa in una cappella dove c’è un sacerdote siciliano e  le monache, mi dicono, calabresi. La messa si celebra in rito greco che è la stessa come la nostra. Anche per questo non ti preoccupare dunque perché cercherò sempre di non fare peccati e di adempiere ai miei doveri di buon cristiano.
Anch’io ho tanto desiderio di riabbracciarti, ma adesso bisogna avere un po’ di coscienza, perché qui ci sono dei soldati che non vanno a  casa da più di due anni. E’ logico quindi che essi vadano a casa prima di noi che siamo qui da appena un mese. Non che io debba aspettare due anni per venire, intendiamoci. Ho già fatto il conto ed il mio turno pare che mi tocchi nei primi mesi del prossimo anno. Non so ancora se ci saranno le licenze agricole per noi altri, nel qual caso, forse , potrei venire verso settembre-ottobre. Si potrebbe venire anche mediante un telegramma dei carabinieri ma questo, papà mi disse che non è possibile ottenerlo. Nemmeno lo zio Giuseppino potrebbe far niente? Ad ogni modo non ci vuole poi tanto tempo per il mio turno di licenza e non ci vuole altro che un po’ di pazienza.
Ora che ti ho detto come sto, è inutile che ti preoccupi per me. Anzi voglio che tu mi scriva una lettera per dirmi che ti sei tranquillizzata.
   Perché papà non mi scrive più? E perché Rosina mi scrive tanto poco? Ernesto e lo zio mi hanno scritto oggi due lunghe e belle lettere che mi hanno fatto tanto ridere. Ho saputo che a Iola sono rimaste solo due materie brava! Speriamo che a ottobre sarà promossa.
  Chiudo ora nella speranza che la presente vi raggiunga tutti in perfetta salute come me.
   Abbraccio tutti quanti con tanto affetto e a te, mamma, ti mando tanti bacioni e tanti abbracci, chiedendoti, assieme a papà, la S. B.

Il tuo Peppe


Io sottoscritto medico-chirurgo certifico che Mittiga Elisabetta fu Rocco, madre del militare Gliozzi Giuseppe di Luigi versa in imminente pericolo di vita essendo affetta da broncopolmonite con iposistolia
Si rilascia per uso militare
Platì 5 - 5 - 1942 - XX

giovedì 7 febbraio 2013

Land of hope and glory - Edward Elgar/ and dreams - Bruce Springsteen

Il mantenimento della fertilità del terreno, insieme con le rivendicazioni legittime della popolazione agricola, non dovrebbe mai entrare in conflitto con gli interessi del capitalismo. Il  bene più prezioso di un paese è la sua popolazione. Se questa si mantiene sana e forte, tutto il resto funzionerà; se invece se ne permette il declino, nulla, neppure le più grandi ricchezze, può salvare il paese dalla rovina. Di conseguenza, il più forte sostegno possibile per il capitale dev’essere sempre una campagna prospera e appagata.
Albert Howard 1873 - 1947


mercoledì 6 febbraio 2013

Lacrime pt. 6 - Fine


PAROLE PRONUNCIATE
AL CAMPOSANTO

I lieti eventi
Tardi – aspettati – giungono
E non sempre.
Presta soltanto è la sventura
Intraveduta appena
Ella ci è sopra
                      (Manzoni)

     Conterranei,
  La moglie di Giosofattino Furore è morta, dunque!
  Mattia Migliaccio non è più! – E’ volata in cielo – dicono le anime buone, i religiosi, tutti quelli che hanno una visione di là della tomba … sì è volata in cielo! Ma stavo per dire che è, anche, una sventura, - una di quelle sventure che non si riparano con le solite frasi convenzionali; una sventura per tutti noi, - per la famiglia in primo luogo – e per i poveri.
  Quando Mattia Migliaccio in Furore ebbe la chiara conoscenza de le miserie di questo popolo; quando d’intorno a lei vide una turba che le chiedeva soccorso, fu tutta a moltiplicarsi per tutti e si diede, col marito, a quella cristiana beneficenza che oggi le rende il contributo.
  Fu buona di quella bontà che non conosce infingimenti; fu d’una cristiana educazione, che non ammette particolarità di persone e fu mite ed umile di spirito – secondo il Vangelo.
-          Era, forse, un  Angiolo!
-          Dubito poco, veramente, ma se i meriti nostri fossero migliori non temerei di giurarlo.
  Voi che la conosceste da un anno, - ditemi – non vi sembrava di vedere una santa quando passava per le vie del paese, quando pregava in chiesa, quando beneficava i poveri!
  E voi, persone familiari, ditemi un poco, voi, - perché amavate la Signora Mattia Migliaccio siccome una madre, siccome una sorella?
-          Non è forse vero che la sua morte è una svenuta?
-          Non dicevo bene che l’abbiamo perduta tutti, tutti, indistintamente?
  O voi che siete venuti qui, per rendere l’estremo contributo di pianto su questa bara, - ditemi se certe ferite del cuore si possono sanare mediante un meschino elogio; mentre a quest’ora, si dibattono, nel dolore più selvaggio ed intenso, un marito, una madre ed una sorella?
  Io vorrei che queste lacrime fossero come quelle che il Nazareno, un giorno, versava sulla tomba del suo morto amico ed avessero la virtù di richiamare in vita questa madre, moglie, figlia! …
  Vorrei che tu, o popolo riconoscente, avessi ancora la tua buona fata, l’angiolo del soccorso la santa delle sventure!
-         Ma che ! ! …
  E’ la tragica ora della morte!
  Passa, trascinando dietro di sé i cuori lacerati! – Scopritevi  ! Salutate questa vittima che è pure una madre!
  Stringetevi intorno a questo cadavere;  e, quand’altro non ci resta, ricorriamo alla Fede.
  Un giorno, il Biondo di Nazaret alla desolata che gli chiedeva la vita del fratello estinto, rispondeva teneramente, soavemente così: “ Chi crede in me, anche se è morto, vive … Chi crede in me non morirà in eterno!”
  O parole, che avete la potenza di suscitare i morti, come di risvegliare nei cuori le più belle speranze; voi solo restate e potete essere profferite con cuore fermo ad occhio asciutto dinanzi ad una bara!
  Voi sole potete rimarginare i cuori; i cuori affranti e lacerati, che si fasciano solamente con le bende del conforto. E non fa bisogno pertanto, che in questa luttuosa circostanza, voi ripetiate le parole del Maestro a quello sventurato marito. – Egli la vede! Non so se sia con gli occhi della fede … La vede presente ne le notti insonni, ne le stanze deserte, nel vuoto che lo circonda! … Lo segue come un lieve frusciare di vesti, come una fiaccola che si spegne per accendersi di nuova luce … e la vede, la vede sempre, dovunque guarda e passa mestamente quest’uomo sventurato; finché non la raggiunge in una patria, che non è certamente terrena.
  Diceva il Grande Poeta di Bologna che i morti, passano una volta il guado del gran Forse, stanno troppo bene per non ritornare da noi.
  No, non è vero! Noi imbalsamando la memoria dei nostri cari defunti, li vediamo in tutte le nostre operazioni: gioiscono delle nostre gioie, come si dolgono delle nostre afflizioni e – se la fede non manca – sono le migliori guide che ci conducono in cielo.
  Concludo che quell’angiolo di cui vi parlava è sparito unicamente dagli occhi nostri, per vegliare invisibile sopra di noi.
  Volò ne la patria de le anime per ricevere dal Re della Gloria la risurrezione e la vita, volò, perché la terra è fredda e squallida e a traverso i cieli d’opale possano spaziarsi liberamente gli spiriti dei buoni. - Mattia Migliaccio in Furore era nata fatta pel cielo! …
  Addio dunque, o mite signora, che spandevi il miele ed il profumo dalle labbra, Addio fata benefica, Addio angiolo dei poveri esempio perenne de le signore, Addio!
  Riposa in pace la tua salma e ti sia madre la terra che ti riceve. Se di tutti i fiori di maggio ne facessimo un mazzo profumato, non basterebbe ad abbellire la tua tomba: Vincesti ne la purezza i gigli, fosti più modesta de le viole, le rose ed i gelsomini ti diedero il loro profumo – oh tu, certamente, non eri fatta pel mondo;
-         Muor giovine colei che al cielo è cara.
Sac. E. Gliozzi


martedì 5 febbraio 2013

La processione (reg. Carlo Campogalliani - 1941)

A prucessiuni

1
Eccu i.. brutti cosi
Chi succediru
Ndaju mu ciangiu
Ndaju m’arridu?
2
Quattru fratelli
Si mbrijiacaru
(chi meravigghia
Non vajii caru
3
Un vinu Addunca
Comu sapiti
Sti mbrijiacuni
Ficiru liti
4
E non è cosa
Mu t’impressioni?
Si sciarrijaiaru
Nta prucessioni
5
Unu, cu n’anima
I nu vastuni
Jiva rullandu
Comu Sansuni
6
A cani e porci
D’undi passava
Faciva ntendìri
Ca no scherzava
7
Nattru, nu vecchiu
Chinu di vinu
Diciva requi-ii
Pe San Martinu
8
Appressu nattru
Chi sbruffijiava …
E poi nu zocculu
Chi dormicchiava.
9
A nu mumentu
Chijiu cu palu
(chi era n’angelu)
Diventa malu
10
No, grida – cavulu…
(nattra kj iastima)
E’ ssa muzzetta
Ti cacciu a prima
11
E prima u dici,
l’aviva fattu
ca ceremoiii
non faci affattu

12
Allura currunu
Tutti pé ssusu
Cu si sciarrijunu
Forzi, cu stemmusu
13
Ma lu cchiu vecchiu
Comu nu cani
Si jetta n’terra
Pe mazzacani
14
E pe difendiri
Figghiu e vastuni
Cu na bestemmia
Sarta pajiuni
15
Pe cumbinari
Stu quatru serjiu
Vi chiumpì l’opera
Mastru Saveriu
16
Ijiu non parla …
Ma ti ragiuna …
Accussì parlunu
Forzi, nta luna! …
17
Ora ti vogghiu
Se mi sa diri:
                                                             Ndavi mu ciangìri
                                                                  Od arridìri?!
18
Fjà chi vidistivu
Nu pigghia pigghia.
Ch’erunu tutti
Patri i famigghia
19
Quandu nu previti:
vituperati
…. Facistivu
…. Scusati
20
Ma vi promettu
Non mi viditi
Fina cchi restunu
Chisti da liti.
21
Ora chi subitu
Si riuniru
 I Quattru apostuli
Tutti assorviru
22
Ritorna a predica
Cu cchiu speranza
Jivi brutti previti
Da fratellanza

Sac. Ernesto Gliozzi sen.

 Vi devo confessare che ho avuto dei problemi a trascrivere questa poesia, scritta a matita su un volantino riciclato, sbiadita dal tempo. Di sicuro Francesco non me ne vorrà e l'accoglierà come un fiore qual'essa è per conservarla nel suo sempre più voluminoso archivio.

lunedì 4 febbraio 2013

L'incarico (reg. Christian Duguay - 1997)



Al Molto Reverendo
Sacerdote D. Filippo Gliozzi
Parroco di S. Maria del Soccorso
Natile

L’ 20 Aprile 1885

Son lieto di partecipare a V. S. Ill.ma che il Signor Pretore di questo Mandamento in data sedici andante mese di Aprile con nota N. 128, mi scrive quanto segue “Per incarico superiore, partecipo a V. S. che in data 13 andante, l’Ill.mo Signor Procuratore Generale concesse il Regio Placet alla Bolla Diocesana che nomina il Sacerdote Filippo Gliozzi Parroco della Chiesa di Santa Maria del Soccorso in Natile. Nel pregarla di rendere di ciò edotto il Signor Gliozzi che la bolla placidata fu trasmessa all’Intendenza di Finanza di Reggio, per gli effetti della legge 13 settembre 1874. Mi accerti l’adempimento. Il Prefetto  Raso.
Prego poi S.V. di compiacersi accusarmi ricezione della presente
Il Sindaco
Stefano Barletta

venerdì 25 gennaio 2013

Il Diavolo (reg. Valerio Vella & Luigi Mittiga - 1995)

In contemporanea con




Così la critica:

“Un opera di notevole spessore comunicativo”. La Repubblica

“Acclamato ancora oggi” IL Gazzettino

“Da scaricare e conservare gelosamente”. La Nazione

“Vella & Mittiga con quest’opera all’avanguardia hanno superato se stessi”. IL Mattino

giovedì 24 gennaio 2013

Lacrime d'amore pt 5


In Chiesa e al Camposanto

  Fu portata nella chiesa maggiore fra un’onda di popolo riverente e commossa. C’erano le rappresentanze di molti comuni, la Società operaia di Cirella, le musiche di Gerace ed Oppido, tra una selva di corone e di bandiere. Sul sacrato della chiesa, parlò in nome del Municipio il consigliere Oliva, il quale rievocando l’apparizione e la breve vita platiese della morta, disse che l’irreparabile perdita si deve piangere amaramente e finì salutando la salma con parole sentite.
  Un tumulo maestoso sorgeva intanto nella navata di mezzo, nei drappi proiettavano le penombre nella Casa di Dio e, tra il salmodiare dei preti, Mattia Migliaccio dormiva nel Signore.
  Celebrava Monsignor Furfaro, Vicario Generale della Diocesi, e nel mezzo del Sacrifizio, saliva il pergamo quell’aquilia d’ingegno fra i sacerdoti, che è l’Arciprete Giampaolo, e con arte tutta propria, intesseva un magnifico elogio funebre. La tirannia dello spazio non ci permette di pubblicarlo per intiero e noi a malincuore rinunziamo al piacere di leggerlo su questo numero.
  L’imponentissima cerimonia non poteva riuscire migliore. Il Sac. Chiné ci fece sentire la sua magnifica voce e, alla consacrazione una mestissima marcia funebre intonuò la musica di Gerace.
  Finita la messa e la benedizione del tumulo, la mestissima processione sfilava verso il cimitero e seguivano la cara spoglia esanime, il fratello. I cugini ed il cognato Giacomo Tassoni.
  Qui altri discorsi, altre manifestazioni di dolore, finché tutto si spezzava; i ricordi, le speranze e le affezioni più care, per dare posto al silenzioso e terribile gelo della morte, per finire, con poche palate di terra, tutto un mondo di sogni tutti i sogni d’amore.
  Così finiva Mattia Migliaccio in Platì, la cui memoria resterà sacra nei petti di questi suoi buoni conterranei, che la venerarono in vita e l’adorarono in morte.
                                                                                                                            
NESTORE


Triste quel vespero di Febbraio! E tristissimo correva un infausto annunzio! Tenue, sommesso da pria, quasi bisbigliato nei crocchi, echeggiò poscia terribile, drappeggiato dalla solennità della Morte. Mattea Migliaccio Furore non era più! Parole, di cui l’eco angosciosa è ancora nell’animo di tutti i Geracesi, stretti dalla commozione, di questi Geracesi che seppero e compresero la loro conterranea, quando fioriva quassù e la seppero e compresero, quando chiamata dall’affetto corse fidente in braccio al suo destino – Ed ognuno di noi rivisse in quell’istante tutta la vita della povera morta, vita materiata di vicissitudini incessanti fino alla tragica fine! E tu, povera morta, passasti per le vie di Platì, mostrando sul tuo, grembo materno invano! La creaturina che tanto bramavi, e che tu non vedesti, e che non ti vide! Epilogo disastroso di due esistenze, cui tarpò le ali una misteriosa fatalità incombente! Ora nel piccolo cimitero, sotto la recente zolla, stanno unite la madre e la figlia; le due sventurate! Forse, sotto dei loro spiri aleggianti, le due spoglie avranno fremiti di tenerezza, forse sono felici a felice non è la famiglia della sventurata, che nel successivo grigio mattino compiva l’esodo doloroso dalla luttuosa Platì! Felice non sarà una madre dai capelli d’argento impietrita dal dolore! Oh! L’angoscia, lo strazio di quell’ora, quando lunghesso il greto del fiume, si volse verso i cipressi nereggianti del camposanto e ristette gemente: la novella Niobe chiamava invano la sua Mattea!
  Disastrosi epiloghi!
_______________
Fra le condoglianze pervennero quelle del Sotto Prefetto del Circondario Cav. Cardamone ed una infinità di carte da visita, lettere di persone di ogni ceto e di ogni luogo, ai quali tutti la famiglia intende rispondere particolarmente.
Dei telegrammi molti, nella confusione, si sono dispersi per cui non abbiamo potuto avere il piacere di pubblicarli, come vorremmo; e ci dispiace se per la tirannia dello spazio, non possiamo dare sul presente numero, pubblicità ad altri lavori pervenuti da innumerevoli amici. Lo faremo in prosieguo.  N. del G