Come Neil Young che pronto per una carriera da solista lascia i Buffalo Springfield e crea un nuovo gruppo che lo accompagnerà fino e dopo la maturità, i Crazy Horse, con capolavori come Zuma o Rust Never Sleep o quel sodalizio con il supergruppo dei supergruppi che pubblicheranno da subito il disco più bello degli anni settanta, Deja vù, chi ha dimenticato quella foto sulla busta dell’lp? O l’attacco di Carry On? Sentendomi represso e voglioso di fare cose diverse lasciai il cineforum e Ubaldo e me ne andai con suo cognato Totò Caratozzolo per riprendere il Circolo di Cultura Cinematografica “U. Barbaro”. Nel mio entusiasmo di allora non mi accorgevo che stavo cambiando un oratorio con una sede di partito. Ma non per questo ho sentito, mai, venir meno l’affetto per Ubaldo che a tutt’oggi considero il mio vero maesto. E’ che lui sbandava sempre più verso la parrocchia e i gesuiti, mentre io sbandavo sempre di più per il cinema e le novità.
Per due anni la sede delle proiezioni del “Barbaro” divenne il cinema Orientale di Parlagreco a Camaro, e fu un’impresa portare gli associati in un quartiere ritenuto, oltre che fuori mano, poco sicuro. Il terzo ed ultimo anno fu al cinema Royal ex Garibaldi in via Palermo del signor Gianni Previti che già conoscevo per essere stato datore di lavoro di papà nei primi anni settanta.
Durante questo periodo, essendo il “Barbaro” aderente all’Unione Circoli Cinematografici dell’ARCI, con Totò fummo designati a partecipare al congresso che si teneva a Mantova. Alla stazione di Messina salendo sul treno, in manovra per traghettare, Totò avvicina una persona, in viaggio verso Mantova anch’egli, della stessa mia età, che conosceva per averla frequentata all’ARCI regionale di Palermo: “piacere Peppuccio Tornatore” ed io “piacere Mittiga”. L’unico argomento per l’intera notte fu C’era una volta il West e Sergio Leone con meraviglia e incredulità di Totò che si rivoltava in cuccetta. Mi parlò pure delle sue attività a Bagheria dove gestiva un cinema e dei suoi primi tentativi in super 8. A Mantova insieme avvicinammo Bruno Ventavoli che allora era uno che contava nell’Agis, invitato in quel congresso. Raccontammo del malcostume dei presidenti Agis isolani e di quel loro gestire da padroni con chi intendesse intraprendere un’attività col cinema. Qualche tempo dopo seppi che il buddace presidente di quella nobile congrega mi andava cercando con l’intenzione di tirarmi le orecchie, dopo che le avevano tirate a lui.