Vi scrivo queste tue rige per farve apere che io sto bene in zieme mio padre e madre e tutti i miei ziane e caggine e così speiamo con questa mia presente trova a voi e Dollaigi e tutti i vostri figli di per fetta salute.
Carissima donna Bettina prima di tutto vi chiedo scusa per il mio ritardo poiche io mi hovirgognato di scriveri se non vi faceva un piccolo rigalo adesso che ho avuto un po dacianzavi hofatto un piccolo pacco li dentro che un po di lana quel po di quella bianca si la date a donna caterinuzzae quallaltre e per donna iolanda e per donna malia ce un po di caffe e di zuchero e un po di cacau 2 sapunetti speriamo che lo ricevete presto e bevete una tazza di caffe per me quando lo ricevete scrivete subito vi faro assapere che son giunta laustralia e sono molta contenta prima che ho trovato a vio padre di buona salute che i napena che sono arrivata mi ho saputo belle cosemi ho comprata anche la bricchetta per andare ascuola.
Vi dico che penso che lanno passati era che studiava il taliano in vece quasto anno sono che studio il glese
Vi mando i nostri condoglianze i vostri defunto cognato.
Non altro che dirve vi saluta mio padre e madre in zieme tutta la vostra famiglia ora saluto a donna Rosina e famiglia saluto a donna caterinuzza e famiglia saluto a donna iolandina e donna malia saluto a don cicillo don Aarnesto e don peppino saluto a vostra sorella e fratelli.
Ora vi saluto inzieme a dolluigi e vi bacio di vero cuore e sono vostra lunna
quid quod hiems adoperta gelu tum denique cedit, et pereunt lapsae sole tepente nives; arboribus redeunt detonsae frigore frondes, uvidaque in tenero palmite gemma tumet; quaeque diu latuit, nunc, se qua tollat in auras, fertilis occultas invenit herba vias? nunc fecundus ager, pecoris nunc hora creandi, nunc avis in ramo tecta laremque parat.
Occorre poi ricordare che ora l’inverno serrato dal gelo
Infine si ritrae, e le nevi scompaiono disciolte dal tepore del sole?
Agli alberi tornano le foglie distaccate dal freddo
E le gemme si gonfiano di linfa sul tenero tralcio,
l’erba a lungo celata sotterra ma fertile trova
l’occulta via per dove spunti nell’aria.
Ora il campo è fecondo, ora è tempo di far accoppiare gli animali
Ora gli uccelli sul ramo preparano un nido e un focolare.
Dichiaro io qui sottoscritto arciprete, che a sconto del mio dare al fu reverendo arciprete Don Filippo Gliozzi, mi obbligo dare al Sig. Don Francesco Gliozzi del fu Sig. Domenico di Platì, che die di essere erede del suddetto Arciprete Gliozzi fronda nel fondo di questa chiesa di mia cura sacchi dieci nel prossimo ventura raccolta nel mese di maggio 1890e mancando la larva comprarla a mie spese, il prezzo della ceduta foglia sarà come corre in questo luogo e così mi obbligo
Cirella 26 novembre 1879
Francesco Stefano arciprete Fazzari dichiara e mi obbligo come sopra
Platì 10 Maggio 1891
Reverendo Sig. Arciprete
Era di convenzione col fu mio zio arciprete Gliozzi che voi davavo in compenso ai Ducati 56 che dovete, dieci sacchi di fronda serica; il primo anno del di lui decesso non mi l’avete dato, e mi furono date il secondo anno per cui rimase la resta predetta sugli interessi di cui vi siete assoggettato. Perciò vi prego sapermi dire se quest’anno mi date sia quella di allora rimasta che quella di quest’anno. In questa certezza vi prego caldamente assegnarla oggi stesso al latore della presente perché mi è di massima urgenza essendo che qui è ancora piccola e una buona parte la svelse il vento. Mi faresti sommo favore se potrei avere i 20 sacchi come io credo che voi mi favorirete.
Se per caso poi non posso avere i 20 sacchi compiacetevi almeno per 16 o 17 che mi sono di gran giovamento, perché al contrario soffrirei grave danno.
Fiduciosoche non sapete esimervi dall’obbligo assunto nel contempo miè gran favore.
Con stima vi ossequio e sono
Vostro affmo Amico
Francesco Gliozzi
Oggi in maggio ho consegnato sacchi 10 periziati dal perito ai messi del suddDon Francesco Gliozzi nomati Don Michele Gliozzi persone venuti col Don Michele Don Domenico Sergi e Don Saverio Portolese
Il paese era una struttura fatta veramente a misura dell’uomo, fatta letteralmente dai nostri compaesani, e quindi adatta alla scala naturale della nostra vita. Quello che c’era era stato fatto in buona parte lì, oggi invece le cose scendono dall’alto, le fabbriche piombano dal cielo di un’economia più vasta, creano strutture nuove che per un verso ci inciviliscono, ma per un altro ci disumanizzano. Le nuove strade arrivano come dall’aria, le fanno imprese forestiere, macchine; le mode del vestire e del vivere arrivano anche loro dall’aria, attraverso i tubi e i canali della televisione. Allora le cose non piombavano dal cielo, le facevano qui.
Il mondo incredibile è accampato là sotto in uno stacco che annulla le distanze: ecco i giocattoli che luccicano fra le strisce dei torrenti, Zané, Giavenale, Marano, Thiene, Villaverla.
Luigi Meneghello, op. cit.
Corradina e Carannante, allora capostazione di Villaverla oggi boss dell'università a Caserta
Perché questo paese mi pare certe volte più vero di ogni altra parte del mondo che conosco? E quale paese: quello di adesso, di cui ormai si riesce appena a seguire tutte le novità; o quell’altro che conoscevo così bene, di quando si era bambini e ragazzi, e ciò che ne sopravvive nella gente che invecchia? O piuttosto l’altro ancora, quello dei vecchi di allora, che alla mia generazione pareva già antico e favoloso? E’ difficile dire.